venerdì 31 dicembre 2004


Ho terminato il travagliato racconto



Auguro a tutti un sereno Capodanno



I 13 sospiri (ultima parte)



Entro nell’aula studio; un calore avvolgente mi sorprende piacevolmente.



“Che tempismo, hai sentito l’odore?”. Esordisce un amico al mio arrivo, tutto intento ad accendere una canna d’erba.



“Modestamente ho sviluppato un olfatto per queste cose…” rispondo.



Seduto tra gli amici, in questa piccola stanza, rende la mia mente calma.



L’effetto è eccentuato dall’erba.



“Che cosa facciamo stasera?” Domanda una voce dal coro.



“Verso le sette, c’è un po’ di musica in piazza…” risponde un altro.



Così il tempo passa allegramente, facendo quattro chiacchiere tra amici…



Sicuramente la migliore fase della giornata.



All’ora stabilita usciamo dall’università. Siamo assaliti da un vento freddo; stringendo i denti e camminando compatti ci rechiamo al concerto.



Siamo qui in attesa dell’inizio (intanto prepariamo un'altra canna). Suoneranno una serie di gruppi semi-sconosciuti.



A parer mio, la miglior cosa da fare nel scegliersi i membri di un gruppo è avere un elemento dotato di molto carisma, uomo o donna non importa. Credo sia più importante di una bella cantante. Diciamoci la verità, senza elementi carismatici, nei live non si otterrà mai il massimo dal rapporto col pubblico; nonostante si possa essere molto bravi a suonare.



Il primo gruppo inizia a suonare. Il suono che esce dalle casse è uno di quelli danzerecci. Alcune persone sotto il palco iniziano a ballare. I musicisti suonano gradevolmente, anche se i due cantanti sono di scarso impatto scenico.



“Dubito che faranno strada..” Mormoro con aria saccente nell’orecchio di un amico.



Egli annuisce senza proferir parola, e continuando a ballare.



La performance del gruppo dura all’incirca mezz’ora, Il pubblico sembra abbastanza soddisfatto.



Il gruppo successivo ha melodie decisamente più rock…



Le stesse persone che prima danzavano ora stanno pogando.Un paio di spinte e sono anch’io nella mischia…



Non c’è nulla da pensare, si spingono più persone possibili per entrare nella zona-pogo. Una breve occhiata per cercare l’avversario; poi caricarlo portando tutto il peso sulla spalla, sentire il proprio corpo cozzare e giusto il tempo di un respiro è tutto finito.Pronti per un nuovo scontro.



Attenzione se il vostro avversario è un infame potrebbe abbassarsi all’ultimo momento, facendovi miseramente cadere a terra.Questa è solo una delle molte azioni che si possono fare nella zona-pogo. Più la sala è gremita di persone, più sono possibili azioni. A parer mio il massimo è il surf: una tavola umana è spostata da un mare di persone…



Giusto il tempo di sudare, di farmi venire il batticuore e sono nuovamente fuori.



Ho un treno da prendere alla stazione. Saluto frettolosamente gli amici e lascio alle mie spalle la musica.



La notte è calata sulla metropoli, il gremire di persone è scemato, la puzza di smog pure. Trascino stancamente il corpo fino al convoglio che mi riporterà a casa.



La stazione è abbastanza gremita, gli ultimi ceppi di pendolari prendono il treno insieme con me.Il sedile su cui mi siedo è molto freddo, un brivido percorre la mia schiena, facendomi scrollare le spalle.



Il treno inizia il suo viaggio…



Il paesaggio bidimensionale che osservo dal finestrino sembra tornare al suo posto, dopo averlo spostato con il treno di stamattina. Un’altra giornata metropolitana è trascorsa. Ecco un altro treno che corre in direzione opposta al mio. Altri 13 sospiri risuonano nella mia testa, questo treno sfreccia veloce e scompare in pochi istanti; ricompare il paesaggio buio.



Sono arrivato alla stazione. Che ore sono?



“Sono le ventuno..” Dico a me stesso. Sono passate 13 ore dall’ultima volta che ero in stazione.



Domani mattina sarò di nuovo qui per ritornare alla metropoli….



La vita è proprio monotona e ripetitiva………



Se non si mostra attenzione per le piccole cose………



 



                         By  KIRBY



 



Pensiero di fine anno: A san Silvestro si è pieni di buono propositi e speranze per il nuovo anno, ma se non si cambia di una virgola, non cambierà niente



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 


<!--



-->

mercoledì 22 dicembre 2004


Spero di finire il racconto per il 2004



I 13 sospiri (quinta parte)



Sono seduto sulle scale del palazzo, dove abita la mia amica. Sono frastornato dal vino, confuso per l’accaduto. Rivivo mentalmente gli istanti di poco fa.



Eravamo a pochi centimetri di distanza, potevo sentire il suo respiro, stava per accadere qualcosa di cui forse pentirsi. Forse sarebbe stato un semplice bacio, oppure no? Meglio non pensarci.



Esco dal portone, forse l'amica è affacciata al suo balcone, aspetta la mia uscita per dirmi qualcosa. Cammino senza voltarmi indietro, imbocco la prima strada disponibile per non cadere in tentazione; così scompaio nel gomitolo di strade.



“Uff...” . In alcuni momenti capita di pensare a voce alta. “Inizia..” A capitare troppo spesso nei miei confronti. Per fortuna, in queste strade isolate nessuno può sentirmi.



Siamo nel primo pomeriggio, le saracinesche sono ancora abbassate. Finito di camminare senza una meta, ritorno all’università.



Sono di nuovo nelle piccole strade anonime e solitarie; il silenzio regna sovrano.



“ Ma cosa?…”. Un tumulto proveniente dalla vicina piazzetta attira la mia attenzione. Avvicinandomi con circospezione, riesco a distinguere delle voci soffocate e dei rumori sordi. Fermato dietro un angolo assisto alla scena.



Nella solitaria via, un uomo è fronteggiato da altri tre. A poche decine di metri dal mio sguardo, i tre si avvalgono della superiorità numerica per sopraffarlo.



Il solitario è in posizione prona, indossa abiti sgualciti, e ha una folta chioma.



“Cazzo”. Uno dei tre vigliacchi inizia una lunga serie di calci ai danni del poveretto. Calci rapidi e violenti, indirizzati al corpo dell’uomo.
Gli altri due assistono impassibili alla scena



Sono impietrito dalla paura, vorrei urlare, chiamare aiuto, ma il mio istinto trattiene i miei movimenti.



Un calcio sferrato alla testa, fa accasciare la vittima a terra. Immediatamente i tre, caricano il corpo in un auto parcheggiata vino a loro.



Per evitare di essere notato, torno sui miei passi ed entro in un portone aperto.



Sento il rombo dei motori, una sgommata di ruote, il rumore di un auto che si allontana, il ritorno della pace nella piazzetta.



Nuovamente in un portone. Poche immagini hanno sconvolto i miei pensieri.



Pochi istanti fa un uomo era sul marciapiede. Chi era? Chi erano i suoi aggressori? Che cosa aveva fatto di male? Domande cui non posso dare una risposta si susseguono nella mia mente.



“Mhmmm….”



Un uomo inerme, calci sferrati in rapida successione, un auto parte di corsa…



“Che orrore…”



Ancora impaurito vado sul luogo del misfatto. Prescindendo da alcune macchie scure non ci sono altri segni di colluttazione.



La piazzetta è ancora vuota, d’altronde cosa ci si aspetta da una stradina secondaria.



Che cosa dovrei fare ora? Chiamare la polizia? No, grazie; troppe complicazioni.



Forse è stato solo un sogno, un lavoro della mia fervida fantasia, un residuo del vino bevuto a pranzo. Probabilmente quella macchia c’era già da prima….



Riprendo, così il mio cammino. Tra i vicoli che percorro, qualche altro essere umano inizia a riapparire.



Una vecchia è affacciata alla finestra della sua casa a piano terra; non avendo altro da guardare mi osserva mentre le passo davanti.



Sento il suo sguardo miope, squadrarmi dalla testa ai piedi. Il mio passo diventa pesante, rallento la velocità. Sento nel mio organismo qualcosa di strano, inizio a sudare, una fitta al torace blocca la mia marcia. Qualcosa risale dal mio esofago, un rigurgito, per un attimo il vino stava per ritornare all’aria aperta.



Tutto termina con un sonoro rutto.



Chissà cosa avrà pensato la vecchia, vedendomi di spalle, rallentare, fermarmi ed emettere quel suono….



Credo di aver bevuto troppo, ma nemmeno il tempo di riprendermi ed eccomi tornato all’università.



 



                                     by  Kirby


<!--



-->

lunedì 20 dicembre 2004


Pensiero del giorno: Prima di lamentarti per quello che non hai, ritieniti fortunato per quello che possiedi



                                                                  by Kirby



<!--



-->

giovedì 16 dicembre 2004


E si ricomincia....



I 13 sospiri (quarta parte)



E’ quasi mezzogiorno; esco dall’università coi nervi a fior di pelle.



Il cielo minaccia pioggia; nuvole grigie sovrastano la mia testa, un vento freddo soffia contro di me.



Sono senza ombrello, ma ho altro cui pensare. Mentre attraverso le piccole strade, una sottile pioggia inizia a cadere sulla mia testa; ma non importa.



Cammino a testa bassa, un’amica m’aspetta in piazza. Non vedo l’ora di raggiungerla per vomitare fuori la mia frustrazione.



A causa della pioggia la piazza è semi-deserta, con lo sguardo la cerco.



Eccola là. Agita la mano, seduta sulla scalinata della chiesa. Un ombrello variopinto la protegge dalla pioggia. Il suo ombrello è l’unica nota di colore in questa grigia giornata metropolitana.



“Com’è andata? ” domanda lei.



“Male…” rispondo. “Fammi riparare sotto l’ombrello, che ti spiego…”. Inizio a spiegare il fattaccio. Quando si racconta qualcosa di spiacevole a qualcuno, inconsciamente, si tende a limare la realtà, affinchè il nostro interlocutore non possa far altro che annuire dandoci ragione.



“E poi…”. Eccomi ora a raccontare le difficoltà incontrate nel preparare l’esame. Tutto ciò non serve a niente. Le sterili lamentele non portano a nulla di buono. In queste situazioni si corre il rischio divagare in altri piagnistei, facendo annegare l’interlocutore nelle nostre lacrime.



“Piuttosto parlami di te….”. Bene, ascoltare gli altri è ciò che mi occorre per distrarmi.



Intanto la pioggia inizia ad essere insistente; per strada non c’è più nessuno.



“Ripariamoci in un bar, ti offro un caffè, qui c’è il rischio d’inzupparsi d’acqua”.



“Grazie…”. Risponde lei.



A pochi passi c’è un anonimo bar che capita a proposito. Sulla soglia del bar un caldo avvolgente, fa dimenticare il freddo della strada.



Prendere un caffè in un bar, un gesto così semplice, fatto da milioni di persone ogni giorno. Si può contare sulle dita di una mano, le volte in cui l’ho fatto…



Ma perché ora inizio a pensare a queste cose? C’è qualcuno che parla con me, ed io penso a tutt’altro. Sono un povero stupido, pieno di seghe mentali.



Terminata la pausa caffè, usciamo dal bar. La pioggia si è placata; ma un’umidità pervade l’aria, facendo supporre che non sia finita qui.



“Se m’accompagni al supermercato ti ospito a pranzo!”. Propone lei con modi gentili. Accetto senza pensarci due volte.



Il piccolo supermercato è sotto casa sua. Appena entrati, un’orgia di colori invade i nostri occhi. Tutti i prodotti sembrano posti affinchè sia acquistato il più possibile.



Credo non sia il nostro caso. Gli studenti universitari che vivono da soli; acquistano il minimo indispensabile per sopravvivere uno o due giorni (almeno per quanto riguarda quelli che conosco io).



Ecco la nostra spesa: pane, pasta, uova…



Intanto compro una bottiglia di vino. A mio parere indispensabile in un pranzo con gli amici.



Dopo pochi minuti siamo in cucina a preparare il lauto pasto.



“Dobbiamo preparare anche per le tue coinquiline?” domando.



“ No, non credo vengano a pranzo” lei risponde.



Strano, poco più di un’ora fa, ero incavolato nero; ora sono rasserenato parecchio…



Sono seduto a tavola con un piatto di pasta fumante, un bicchiere di vino e una grande amica accanto.. “ Che bella la vita!” sbotto io improvvisamente.



Lei inizia a ridere; ed io dietro di lei…



Ahahahah….



E pensare che… no ora basta pensare godiamoci questo momento….



Il tempo passa, il vino pure. Un formicolio alla testa mi avverte di questo particolare.



Il lauto pasto è giunto al termine; siamo nella fase digestiva.



Ci troviamo seduti a tavola; sul tavolo abbiamo i resti del pranzo. Bottiglie vuote, piatti unti, tovaglioli sporchi, il tutto circondato da briciole di pane.



“Mmmhhh….”. C’è qualcosa che non quadra, qualcosa di diverso, rispetto a quando abbiamo incominciato.



“Mmmhh…”. Che giramento di testa non riesco a pensare.



Ora ci sono; siamo molto più vicino seduti. Forse involontariamente senza accorgercene, ci siamo avvicinati.



“….” . Continuiamo a parlare del più e del meno ma i nostri gesti sembrano essere entrati in sintonia.



No, non va bene; il vino gioca brutti scherzi. Cavolo che giramento di testa non riesco a controllare le mie azioni. Siamo entrambi vittime del vino, non ragioniamo bene, meglio smettere.



Cazzo! Mi ha sfiorato la mano! Devo interrompere questa brutta situazione.



Ohi ohi. Ho il cervello annebbiato, non riesco a reagire.



Perché poi dovrei reagire? Non è meglio farsi trascinare dalle situazioni?



Discorrendo amichevolmente, i nostri sguardi sono sempre più compiacenti.



Eppure c’è qualcosa che non torna. Un angolo della mia mente dice di fermarmi; ma non ricordo il motivo.



Ecco le nostre teste che si avvicinano al rallentatore.



Eppure…



Ho bisogno di ricordare. Ho ancora qualche minuto…..



Nel momento in cui sento una mano che stringe le mie, un fulmine mi illumina



Istantaneamente, mi alzo di scatto, lasciando cadere la sedia dietro di me.



Barcollo fino alla porta. L’immagine della mia fidanzata è stampato nella mia testa.



“Io vado, ci vediamo” Queste le uniche parole che pronuncio prima di chiudere la porta di casa alle mie spalle. Lasciando sola la mia amica con la sua mezza sbronza.



A passo incerto scendo le scale….(continua)



 



 



                                                                       By   Kirby 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 


<!--



-->

giovedì 2 dicembre 2004


Pensiero del giorno:Nonostante tutti i colpi che si possono prendere, al dolore non ci si abitua mai



Riprendo lo sciopero contro la sfortuna: Inutile visitare questo blog per almeno un paio di settimane



<!--



-->