giovedì 16 dicembre 2004


E si ricomincia....



I 13 sospiri (quarta parte)



E’ quasi mezzogiorno; esco dall’università coi nervi a fior di pelle.



Il cielo minaccia pioggia; nuvole grigie sovrastano la mia testa, un vento freddo soffia contro di me.



Sono senza ombrello, ma ho altro cui pensare. Mentre attraverso le piccole strade, una sottile pioggia inizia a cadere sulla mia testa; ma non importa.



Cammino a testa bassa, un’amica m’aspetta in piazza. Non vedo l’ora di raggiungerla per vomitare fuori la mia frustrazione.



A causa della pioggia la piazza è semi-deserta, con lo sguardo la cerco.



Eccola là. Agita la mano, seduta sulla scalinata della chiesa. Un ombrello variopinto la protegge dalla pioggia. Il suo ombrello è l’unica nota di colore in questa grigia giornata metropolitana.



“Com’è andata? ” domanda lei.



“Male…” rispondo. “Fammi riparare sotto l’ombrello, che ti spiego…”. Inizio a spiegare il fattaccio. Quando si racconta qualcosa di spiacevole a qualcuno, inconsciamente, si tende a limare la realtà, affinchè il nostro interlocutore non possa far altro che annuire dandoci ragione.



“E poi…”. Eccomi ora a raccontare le difficoltà incontrate nel preparare l’esame. Tutto ciò non serve a niente. Le sterili lamentele non portano a nulla di buono. In queste situazioni si corre il rischio divagare in altri piagnistei, facendo annegare l’interlocutore nelle nostre lacrime.



“Piuttosto parlami di te….”. Bene, ascoltare gli altri è ciò che mi occorre per distrarmi.



Intanto la pioggia inizia ad essere insistente; per strada non c’è più nessuno.



“Ripariamoci in un bar, ti offro un caffè, qui c’è il rischio d’inzupparsi d’acqua”.



“Grazie…”. Risponde lei.



A pochi passi c’è un anonimo bar che capita a proposito. Sulla soglia del bar un caldo avvolgente, fa dimenticare il freddo della strada.



Prendere un caffè in un bar, un gesto così semplice, fatto da milioni di persone ogni giorno. Si può contare sulle dita di una mano, le volte in cui l’ho fatto…



Ma perché ora inizio a pensare a queste cose? C’è qualcuno che parla con me, ed io penso a tutt’altro. Sono un povero stupido, pieno di seghe mentali.



Terminata la pausa caffè, usciamo dal bar. La pioggia si è placata; ma un’umidità pervade l’aria, facendo supporre che non sia finita qui.



“Se m’accompagni al supermercato ti ospito a pranzo!”. Propone lei con modi gentili. Accetto senza pensarci due volte.



Il piccolo supermercato è sotto casa sua. Appena entrati, un’orgia di colori invade i nostri occhi. Tutti i prodotti sembrano posti affinchè sia acquistato il più possibile.



Credo non sia il nostro caso. Gli studenti universitari che vivono da soli; acquistano il minimo indispensabile per sopravvivere uno o due giorni (almeno per quanto riguarda quelli che conosco io).



Ecco la nostra spesa: pane, pasta, uova…



Intanto compro una bottiglia di vino. A mio parere indispensabile in un pranzo con gli amici.



Dopo pochi minuti siamo in cucina a preparare il lauto pasto.



“Dobbiamo preparare anche per le tue coinquiline?” domando.



“ No, non credo vengano a pranzo” lei risponde.



Strano, poco più di un’ora fa, ero incavolato nero; ora sono rasserenato parecchio…



Sono seduto a tavola con un piatto di pasta fumante, un bicchiere di vino e una grande amica accanto.. “ Che bella la vita!” sbotto io improvvisamente.



Lei inizia a ridere; ed io dietro di lei…



Ahahahah….



E pensare che… no ora basta pensare godiamoci questo momento….



Il tempo passa, il vino pure. Un formicolio alla testa mi avverte di questo particolare.



Il lauto pasto è giunto al termine; siamo nella fase digestiva.



Ci troviamo seduti a tavola; sul tavolo abbiamo i resti del pranzo. Bottiglie vuote, piatti unti, tovaglioli sporchi, il tutto circondato da briciole di pane.



“Mmmhhh….”. C’è qualcosa che non quadra, qualcosa di diverso, rispetto a quando abbiamo incominciato.



“Mmmhh…”. Che giramento di testa non riesco a pensare.



Ora ci sono; siamo molto più vicino seduti. Forse involontariamente senza accorgercene, ci siamo avvicinati.



“….” . Continuiamo a parlare del più e del meno ma i nostri gesti sembrano essere entrati in sintonia.



No, non va bene; il vino gioca brutti scherzi. Cavolo che giramento di testa non riesco a controllare le mie azioni. Siamo entrambi vittime del vino, non ragioniamo bene, meglio smettere.



Cazzo! Mi ha sfiorato la mano! Devo interrompere questa brutta situazione.



Ohi ohi. Ho il cervello annebbiato, non riesco a reagire.



Perché poi dovrei reagire? Non è meglio farsi trascinare dalle situazioni?



Discorrendo amichevolmente, i nostri sguardi sono sempre più compiacenti.



Eppure c’è qualcosa che non torna. Un angolo della mia mente dice di fermarmi; ma non ricordo il motivo.



Ecco le nostre teste che si avvicinano al rallentatore.



Eppure…



Ho bisogno di ricordare. Ho ancora qualche minuto…..



Nel momento in cui sento una mano che stringe le mie, un fulmine mi illumina



Istantaneamente, mi alzo di scatto, lasciando cadere la sedia dietro di me.



Barcollo fino alla porta. L’immagine della mia fidanzata è stampato nella mia testa.



“Io vado, ci vediamo” Queste le uniche parole che pronuncio prima di chiudere la porta di casa alle mie spalle. Lasciando sola la mia amica con la sua mezza sbronza.



A passo incerto scendo le scale….(continua)



 



 



                                                                       By   Kirby 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 



 


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