giovedì 7 dicembre 2006


Una storia seria con cui ho partecipato ad un concorso ma non ho ottrnuto nulla...



La sbronza(prima parte)



- Grazie per avermi fatto da autista
- Di niente figurati.
Con la mano incerta, infilò la chiave nella serratura e chiuse l’auto, poi barcollando leggermente imboccò la strada verso casa. Entrò nel suo palazzo urtando con la spalla il cancello d’entrata; nonostante fosse di ferro non emise un singolo lamento.
Nella sua mente non c’era traccia d’alcun pensiero; a testa bassa si concentrò a salire le scale nel modo più rettilineo possibile. Aprì la porta di casa, ed entrò. Si mosse nel buio agilmente, anche se era in quello stato. Tutto quello che fece in quel momento fu infilarsi il pigiama e sprofondare pesantemente nel suo letto. Chiuse gli occhi e un forte giramento di testa venne a dargli il bacio della buona notte, stanchezza e alcool nel sangue fecero il resto, cadendo in un sonno profondo…
Un istante dopo, era mezzogiorno. La luce del sole che batteva sulle sue palpebre, lo destò. Era tutto rintronato, la sua testa girava ancora, la sua bocca era tutta impastata e la saliva aveva un sapore disgustoso.
Pian piano il puzzle di pensieri iniziava a comporre.
La sera prima s’era preso una bella sbronza bevendo whisky
Cosa aveva fatto tutta la serata ? Questa parte è vaga. Era vicino ai suoi amici, ma cosa avesse fatto tutto il tempo lo ignorava completamente.
La sua memoria ha iniziato a funzionare verso9 la fine della serata.
Com’era tornato a casa dato che non era stato in grado di guidare? Giusto, aveva fatto guidare la sua auto da Peppe, che non ha nemmeno la patente.
In questi giorni era molto inquieto, spesso di pessimo umore. Un senso di fastidio lo accompagnava giorno dopo giorno così aveva deciso di ubriacarsi, ed era riuscito nel suo intento. Quando era in quello stato, scattava nella sua testa un meccanismo d’auto-lesionismo.
Ora il suo corpo era immobile nel letto , era intorpidito, e stava scontando il post sbronza.
Allungò lentamente il braccio ed afferrò il cellulare poggiato sul comodino. Telefonò ad un suo amico che era presente ieri sera:
- Ciao, sono io, come va ? … si sono ancora vivo per fortuna.
Si fece raccontare tutto quello che non ricordava poi congedò l’amico.
Quando posò il cellulare per la prima volta in quella giornata i pensieri, si rivolsero a Clara.
Era trascorsa una settimana dall’ultima volta che la vide. Non occorreva scomodare Freud per capire che la causa della sua recente inquietudine era lei.
Pensava all’ultimo bacio che si erano dati, alle parole con cui l’aveva lasciato…
La sua vescica , nel frattempo, si fece sentire, costringendolo ad andare in bagno controvoglia.
Pose i piedi per terra, e rimase seduto nel letto per alcuni minuti, per dare tempo al corpo di abituarsi; nel frattempo la vescica cominciava a procurargli dolori pulsanti.
In modo scomposto, e reggendosi alla spalliera di una sedia, intraprese il cammino verso il bagno. Accese la luce, abbassò i pantaloni e mentre faceva pipì, rivolse lo sguardo verso lo specchio. Emise un suono di disapprovazione nel vedere il suo viso riflesso: viso pallido, occhiaie e barba incolta. Quell’aria sfatta lo disgustava.
“L’alcool fa proprio male” pensò.
Lavatosi il viso, uscì dal bagno e mestamente si recò in cucina. Il suo stomaco brontolava; per placarlo iniziò a trangugiare biscotti. Era seduto sul tavolo, come faceva, a fissare il vuoto; il rumore della sua masticazione si diffondeva nel silenzio.
In pochi minuti aveva ingerito una decina di biscotti. Nel frattempo iniziò ad immaginare il cibo che masticava nella sua bocca, poi la scesa lungo l’esofago , e la poltiglia che pian piano riempiva il suo stomaco. Quando ebbe finito avvertì strani rumori provenienti da quest’ultimo; sentiva che i succhi gastrici erano ancora in subbuglio.
Seduto su quel tavolo rimembrò Clara: “Forse è meglio non vederci più” disse lei per congedarsi.
Quella sera sapeva che stava correndo il rischio di perderla, ma era tranquillo, avrebbe fatto qualche battuta idiota per rompere il ghiaccio, e lei si sarebbe sentita a suo agio. L’importante era rinsaldare il loro rapporto. Quello che accade purtroppo non era nei suoi piani. Clara fu molto distante per tutta la serata; un’aria di gelo regno per tutto il tempo. Sotto il portone di casa sua, un’arringa per salutarlo per sempre : “ Forse è meglio non vederci più” “Non sono in grado di continuare questa storia” “ Non voglio legarmi a te” .
“Perché?”, “In che senso?”.
Clara sembrava non ascoltare le domande e continuava imperterrita: “Forse non sei la persona giusta per me”. Quelle parole gli rimbombarono nella mente
“Non rimanere nemmeno in contatto sarà la cosa migliore”. Quella sera non ebbe nessuna risposta. La possibilità di controbattere gli fu negata. Dopo un tiepido “ciao” Clara sparì per sempre dalla sua vita.
Jonnhy sapeva dentro di lui che le risposte non aveva avuto quella sera, le doveva ricercare nei suoi atteggiamenti dei giorni precedenti.
Tra pochi giorni sarebbe stato il loro primo anniversario. In un anno mai un litigio, mai una discussione accesa, sempre in armonia perfetta.
Il primo sintomo accadde circa un mese fa: Clara era soprappensiero e lo rimproverò di essere un ignavo privo d’obiettivi. ...(continua)



                By Kirby



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