mercoledì 25 gennaio 2006

Quello scritto qui sotto è proprio il titolo del racconto


Provaci tu a dare un titolo a questa storia


Eravamo in auto e correvamo a folle velocità. Talmente veloce che Ernesto aveva dovuto scrivere a penna altri numeri sul contachilometri per far avanzare la lancetta. Sul crocefisso appeso in macchina, c’era Gesù che si era aggrappato ad esso. Il Sant’Antonio che era sulla foto con la scritta “proteggimi” aveva iniziato a pregare. L’auto aveva iniziato a vibrare completamente, sembrava di essere in un vibratore sul set di un film porno.
La velocità era talmente folle che iniziammo a vaneggiare.
Ernesto credeva d’essere Napoleone, e guidò la macchina come fosse un cavallo, percuoteva il cruscotto come fossero i glutei del cavallo e lanciava urla d’incitamento al quadrupede
Libertà aveva preso i miei capelli e strattonava la mia testa avanti e indietro, emettendo l’urlo di una sirena, infatti, si era trasformata nell’autista di un’autoambulanza.
Io, galvanizzato dal movimento oscillatorio della mia testa e dalle urla degli altri, credo d’esser un pallone di pallacanestro durante una partita NBA di play-off.
Viaggiammo così, fino a quando Napoleone decise di far fare una deviazione di percorso. Il cavallo saltò il muretto del bordo stradale e iniziò a galoppare per la prateria; Libertà si accorse che l’autoambulanza era uscita dalla strada, e tirò il freno a mano e contemporaneamente mi strappò alcune ciocche di capelli…
Ripresici dalla follia ci guardammo attorno, ma non vedemmo Nessuno in giro. Capimmo che avevamo dimenticato Nessuno all’ultima stazione di servizio.
- Come facciamo? Domandò Ernesto.
- Ormai siamo troppo lontani lasciamo dove si trova. Disse Libertà
- Hai ragione, tanto ha Nessuno va sempre tutto bene. Risposi.
Fummo costretti a viaggiare in una strada secondaria, inconsapevoli a dove conducesse, e non c’era nemmeno Nessuno per domandare.
Arrivammo ai piedi di una collina.
- Oddio che puzza, ma cos’è una fogna? Urlò Libertà.
- Ma quale fogna; sono i piedi di questa collina. Dissi.
- Forse c’è un cadavere da queste parti. Intervenne Ernesto.
- Ma quale cadavere, ho detto che sono i piedi della collina; chissà da quanto tempo non li lava. Risposi.
- Che sporcacciona. Disse Libertà.
Continuammo il nostro peregrinare. La strada secondaria era diventata terziaria, poi quaternaria…
In men che non si dica ci trovammo in mezzo alla vegetazione più fitta: alberi secolari ci guardavano dall’alto con disprezzo, arbusti dispettosi ci graffiavano le fiancate della macchina, sassi maleducati s’infilavano sotto l’auto per farci sobbalzare.
- Sembra un luogo dimenticato da Dio. Osservò Libertà
- Torniamo indietro? Domandai.
- No, forse più avanti la strada migliora. Rispose Ernesto.
Continuammo zigza-gando tra gli alberi. La luce che riusciva a filtrare tra i rami divenne sempre più debole, fino al buio totale.
Ernesto, dopo aver urtato diversi alberi, disse: “Forse è il momento di tornare indietro”
- Indietro dove? Ormai abbiamo perso la retta via, siamo usciti dal sentiero di Dio, solo l’inferno ci attende…
Libertà iniziò di nuovo ad impazzire, ora credeva d’esser un predicatore. Uscì dalla macchina e iniziò a parlare interrottamente.
Ebbi un’idea. Consigliai al predicatore di salire su di un albero affinché possa scorgere altri peccatori da convertire e di non preoccuparsi di cadere perché Dio era dalla sua parte.
Tempo dopo il predicatore (pieno di graffi) c’informò che alla nostra sinistra c’era una strada con un folto numero di persone.
- Sicuramente faranno parte di una setta satanica. Disse il predicatore. – presto autista, andiamo a convertirli!
Ci lasciammo alle spalle quella boscaglia minacciosa, e raggiungemmo un piccolo centro dove il predicatore aveva visto il mucchio di persone.
Libertà, intanto, s’era addormentata.
- Poverina, la scalata dell’albero deve averla stanca. Dissi.
Quel gruppo di persone stava tenendo una manifestazione, e stava bloccando la strada, impedendoci di passare.
Ernesto s’improvvisò diplomatico e iniziò a contrattare con i manifestanti affinché ci facessero passare.
- Per quali ragioni manifestate?
- Stiamo manifestando contro la guerra. Rispose il portavoce
- Che cosa volete dalle istituzioni?
- Vogliamo la Pace
- Noi possiamo darvi la Libertà, se ci fate passare la cediamo volentieri.
Iniziarono a confabulare tra loro, poi il portavoce venne da noi
- Accettiamo.
Lasciammo Libertà ancora dormendo tra i manifestanti e proseguimmo il viaggio.
Io ed Ernesto eravamo rimasti senza Nessuno e senza Libertà.
Sembrava uno di quei giochi ad eliminazione, pensai.
Ritrovammo la strada maestra (riconoscibile dal fatto che vuole sempre insegnarti qualcosa), un bellissimo paesaggio di montagne innevate e valli soleggiate si parava davanti a noi. Lo attraversammo senza indugi; era il quadro di un pittore che cercava di vendercelo.
Urlò qualcosa e brandì un bastone. Non riuscii a capire cosa dicesse, eravamo gia lontani, forse voleva salutarci…
Alcune ore dopo ci fermammo per far benzina.
- L’ultima volta abbiamo perso Nessuno, chi dimentichiamo stavolta? Domandai.
- Senti Io, la pianti di dire fesserie? Rispose Ernesto
- A proposito di piante sai che mentre eravamo bloccati in quella foresta ho trovato questa foglia enorme.
Del dire questo, Io mostrai questa foglia enorme ad Ernesto.

Morale: Larga è la foglia, stretta è la via, dite la vostra, ma è meglio la mia.


                                                              By KIRBY






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lunedì 23 gennaio 2006

Tratto da una storia vera....


Primo giorno duniversità


Per Piero era il primo giorno di corsi all’università. Era di Napoli, ma si era iscritto all’università di Bologna. Una settimana fa aveva preso casa presso il centro insieme con un paio di perfetti sconosciuti.
Era a Bologna per essere lontano di casa e sentirsi più indipendente, aveva scelto il corso di laurea d’ingegneria informatica perché sapeva che una volta laureato, trovare lavoro sarebbe stato abbastanza facile.
Aveva trascorso una settimana movimentata, fra trasloco, ricerca di un lavoro part-time e burocrazia universitaria.
Quella mattina trascinò il suo corpo stanco all’università. Era decisamente contrariato di iniziare i corsi così presto; cosicché decise di saltare la prima lezione ed aspettare direttamente il corso d’informatica delle undici.
Nell’attesa gli venne in mente che da quando era a Bologna non aveva ancora fumato una canna.
Senza indugiare si mise all’opera…
Nel frattempo si gustava il passeggio delle studentesse universitarie.
Alcune carine, altre estremamente belle, quelle leggiadre fanciulle sembravano delle modelle piuttosto che studentesse.
Piero non conosceva ancora nessuno in città, ma con la mente era proiettato a quando, avesse allargato le sue amicizie e messo le mani sui “frutti” che gli avrebbero messo a disposizione la città.
Mentre era intento ad ultimare la canna, e osservare il belvedere; udì una voce femminile dire “Scusa…”.
Voltandosi, vide una ragazza grassa, brufolosa e brutta che si rivolgeva a lui, che sintetizzando, dalle sue parti si potrebbe dire uno “scorfano”.
“Sapresti dirmi dove si tiene la lezione d’informatica?” domando lei.
Con un sorriso disse “ Si, anch’io devo seguire quel corso, ma non preoccuparti c’è ancora tempo prima dell’inizio della lezione”, disse Piero, e aggiunse “ Perché non ti siedi e aspettiamo fumandoci una canna” e mostrò lo spinello alzando la mano.
“Oh grazie volentieri…”
La ragazza si sedette vicino a lui e iniziarono a parlare.
Si chiamava Giovanna ed era di Milano. Quando seppe le origini di Piero, disse “ Oh, i ragazzi napoletani sono così simpatici …”.
La ragazza iniziò a flirtare con Piero; si fece più vicina, iniziava a fargli complimenti, e si mostrava disponibile ad approfondire le conoscenze.
Il ragazzo stette al suo gioco per un po’ di tempo poi disse: “Sai qual è la cosa che mi piace più di te?”.
“Cooosaa?” domandò lei, sorridendo e con voce ingenua, avvicinandosi ancor di più a lui.
“La dignità con cui porti la tua bruttezza” rispose Piero.
Pochissimi istanti dopo la ragazza era corsa via piangendo. Molti dei presenti avevano assistito alla scena non capendo cosa fosse successo.
Compiaciuto di se stesso Piero pensò: “Mischia, e non è ancora finito il primo giorno…”

                                                                        by Kirby


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martedì 17 gennaio 2006

Pensiero del giorno:  Una vita piena di rimpianti ha come vantaggio una vecchiaia che non rimpiange la sua gioventù


                                                                   By Kirby


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sabato 7 gennaio 2006

Felicità


Nel treno,ognuno era seduto per i fatti propri, ciascun con i propri pensieri. Gastone (occhi azzurri e riccioli d’oro) poteva osservarli tutti. Di fronte a lui un’anziana donna che leggeva alcuni fogli di carta, a fianco un ragazzo che stava usando il cellulare; indietro c’erano una ragazza che leggeva un libro, un uomo che guardava fuori dal finestrino, e un altro ragazzo con le cuffie nelle orecchie; infine c’era un prete in religioso silenzio.
Gastone osservando la scena iniziò a pensare …
< Ognuno è immerso nei suoi pensieri. Chissà quali sono i pensieri di quell’uomo, forse è immerso nelle preoccupazioni, o forse è semplicemente annoiato, oppure sono pensieri di gioia (anche se l’espressione del suo volto non lo dimostra). Lo stesso discorso potrebbe farsi per ciascuno dei presenti: chissà se il servo di Dio ha trovato la sua pace interiore, se i suoi pensieri sono di felicità o almeno serenità. E la signora seduta di fronte ? Quel foglio che legge gli darà una buona o cattiva notizia?
Ma cos’è la felicità? Si sprecano fiumi di parole per definirla; ma essenzialmente si è felici per qualcosa di positivo che è capitata a noi o a qualcuno di caro, credo che Antonio de Curtis non aveva tutti i torti quando affermava che la felicità è effimera, sono brevi attimi d’intenso benessere interiore che passati fanno ritornare alla normalità quotidiana.
A voler essere estremisti si potrebbe riassumere la vita umana nella continua ricerca d’attimi di felicità…ma questa è filosofia…Ogni volta mi perdo in questi discorsi filosofici privi di senso…la verità è che quest’argomento mi ha sempre affascinato…
Mi torna in mente una vignetta di Dilbert : dove il protagonista aveva inventato un elisir per la felicità, talché intervengono degli agenti governativi per distruggere la formula, giustificandosi così “il popolo ha solo il diritto di cercare la felicità, ma non di trovarla…”
Un dei motivi per cui svolgo questo lavoro è di far sorridere le persone; il riso scaturito dal divertimento è il miglior modo per far vivere alla gente attimi di gioia.
Tra poco arriva la mia fermata…hhmmm… voglio fare qualcosa per questa signora >
Gastone si china per prendere la sua borsa da lavoro. L’anziana donna ha la testa chinata per leggere quei fogli. Un colpo di tosse attira la sua attenzione, alza lo sguardo e vede Gastone che indossa un finto naso rosso e una di quelle lingue che si allungano soffiandoci dentro ed emettono un rumore. Appena Gastone incrocia gli occhi della donna, soffia nella lingua, questa si allunga emettendo il tipico strombettio e portandosi a pochi centimetri dal suo viso. La signora, impietrita, emette un mezzo sorriso; Gastone soddisfatto per aver fatto il suo dovere si alza e imbocca l’uscita del treno.
Gli altri passeggeri sono stati attirati dalla scena, e dopo aver visto Gastone uscire, vedono la signora prima sobbalzare e poi accasciarsi su se stessa, facendo cadere i fogli per terra. Prontamente l’uomo si avvicina “Signora si sente bene?”…
Sui fogli si riesce a leggere: Referto medicoReparto cardiologia

                                          by Kirby


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