sabato 31 dicembre 2005

sabato 24 dicembre 2005

I soliti auguri sono noiosi: Buona Pasqua, felice ferragosto e tanti auguri di festa del ringraziamento a tutti


                                     by Kirby


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domenica 18 dicembre 2005

Riflessioni...


Tav ? No, Grazie


La sigla T.A.V. indica treni ad alta velocità, in grado di raggiungere velocità notevolmente superiori ai normali eurostar. Questi treni necessitano di linee ferroviarie apposite.
Una di queste linee ferroviarie , è stata progettata per unire l’Italia alla Francia (probabilmente sarà usta sia per trasporto merci, sia per trasporto pubblico). Dovrà passare per la Valle di Susa dove avverrà il traforo della Catena Alpina. Qui inizia la serie di problematiche che hanno portato alla protesta dei cittadini che abitano nella valle.
La Valle di Susa è la tipica valle alpina con i sui caratteristici tratti paesaggistici; la tipica locazione turistica invernale; con le tipiche comunità montane; e le tipiche persone che sono nate e vissute nella valle e la riconoscono come il loro habitat naturale. Senza essere consultate, è stato deciso che per la valle sarebbe passata la nuova linea ferroviaria. Premesso che una linea TAV ha a prescindere un impatto ambientale maggiore delle classiche linee, e che il foro da realizzare sarà di almeno il doppio di una normale galleria ferroviaria.
Che cosa credete abbia pensato quella comunità ha saputo che la loro terra sarà violentata in modo così drastico? ( Qui non ci sono anarchici che vogliono disobbedire, ma semplici cittadini che vogliono proteggere la valle affinché rimanga così per loro e per i loro figli).
Questo è solo la punta di un iceberg di una serie di problemi che sembra siano ignorati.
E’ stato appurato che la montagna contiene amianto, tutti sanno, ma nessuno si preoccupa che il traforo libererà nell’aria ignote quantità di questa sostanza cancerogena. L’impatto ambientale è immenso, basti pensare che per trasportare i detriti sarà realizzato un nastro trasportatore di 30 Km!
Il costo di questa “grand’opera” sarà di almeno 13 miliardi d’euro di cui il 60-80% saranno pagati dallo Stato con i nostri soldi.
I vantaggi di questa mostruosità? Una linea veloce per collegare Francia e Italia. Non so voi, ma a me sembra un po’ poco( posti di lavoro? Solo temporanei).
Credo che quando si pensa di costruire una qualsiasi struttura di qualsiasi dimensione, i geni al potere dovrebbero mettere su una bilancia i pro e i contro. Ebbene “uno studio commissionato dalla Comunità Montana Bassa Valle di Susa alla Società di ingegneria dei Trasporti Polinomia, rivela che la linea sarebbe giustificata se nei prossimi anni transitassero 40 milioni di tonnellate di merci lanno, per un totale di 350 treni al giorno, uno ogni 4 minuti alla velocità di 150 km/h, alternati da treni passeggeri a 300 km/h”.
A che serve una tale offerta se non c’è una tale domanda? Chi ci guadagna realmente? Ma i passeggeri che vanno tanto di fretta non possono prendere un aereo?
Qui posso fare delle semplici ipotesi: le aziende che la costruiranno,tra 10 anni le aziende che usufruiranno di tale linea per le loro merci (forse spenderanno di meno per il trasporto ma sicuramente non abbasseranno i prezzi delle loro merci.), Trenitalia che si troverà una line nuova di zecca avendo speso ben poco rispetto al suo costo… e poi nessun altro?
Credo che un fattore fondamentale sia la volontà dei geni che stanno al potere di dimostrare al popolo di essere bravi perché hanno costruito una “grande opera” (ponte sullo Stretto docet).
Un giorno potranno vantarsi di essere stati responsabili di questa o quella “grande opera”; come dei bambini che fanno gara a chi fa la scoreggia più rumorosa.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo dove per aggiudicarsi voti si promettevano scuole, ospedali, acquedotti, strade…
Tutto in nome di un progresso che macina i diritti dei cittadini. I geni al potere non hanno capito che l’attuale progresso non consiste nel costruire cemento su cemento, ma sviluppare nuove tecnologie (investire per fonti energetiche migliori?no eh?), o valorizzare il settore turistico (i geni al potere dovrebbero farsi il culo per valorizzare tutti i nostri prodotti locali, e ripudiare prodotti esteri).
Quei benedetti 13 miliardi potrebbero essere spesi in centinaia di modi migliori: migliorare i servizi, incrementando il personale in scuole, ospedali…e acquistando nuove strumentazioni; contributi per famiglie povere; o ancora investendo nella ricerca scientifica.
Come dice un cartello di protesta No Tav “Che bello, mio figlio tra vent’anni potrà fare Torino-Lione in 2 ore, e io devo aspettare 8 mesi per un ecografia alla prostata”


                                                                          By Kirby


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lunedì 5 dicembre 2005

Un racconto, forse non adatto a tutti per i suoi contenuti espliciti (Bukowski docet)


Lo scarafaggio


 Che macello di persone! Al centro sociale c’era una notevole affluenza di persone. Una serata di musica era in programma quella notte. Musica reggae e tecno in due diverse sale. Non era solo quell’insulsa musica a portare tutti là dentro, ma bensì il freddo pungente dell’esterno che invogliava a trovare un posto in cui ripararsi. Mancava più di un mese a Natale , ma nella strada dov’era il centro sociale, già c’era un’illuminazione con scritto “BUONE FESTE”; uno stupido specchietto per le allodole per invogliare gli allocchi a spendere i loro soldi.
Andai a serata già iniziata, per non attendere fuori al freddo e al gelo di poter entrare.
Ero nella piccola sala in cui c’era musica tecno. Sempre meglio di quella sala di merda del reggae, dove tutti quei fumati hanno reso l’aria irrespirabile. Qui al massimo ci sono degli impasticcati che non fanno male a nessuno. La stanza e molto piccola, il soffitto basso e una moltitudine di persone entra ed esce dalla stanza. Quando inizia la musica le luci sono totalmente spente, rendendo l’esperienza ancor più claustrofobia.
Sono seduto su una sedia con una birra in mano totalmente nel buio, con una musica ridondante e un manico di deficienti che si muove in modo convulso: “Che serata del c…o!” urlo. Nessuno mi sente la musica e troppo alta…
Dopo un po’ che mi sono autolesionato i timpani con quella musica vado nella zona neutra a scolarmi unaltra birra. Rimango ad ascoltare i discorsi altrui senza proferir parola,
Nel piccolo androne c’era una scultura interamente di ferro: raffigurava un robot o un cyborg, era alto più di due metri. Tutte le stanze sono strette e prive di norme per la sicurezza, una qualsiasi situazione di pericolo creerebbe una strage. Le pareti erano piene di graffiti, locandine, e scritte varie. Gli avventori del locale parlano, bevono e fumano; in maggioranza sono maschi, ragazze in minor parte, di fi..e nemmeno l’ombra…
Dopo una terza birra, arriva al centro sociale Erik.
- Ciao
-Ciao
- Sei arrivato da molto?
- Appena, tre birre fa.
- OK. Che facciamo ?
- Cerca di rimediare un paio di tizie per la serata.
- prima però, fammi fare una canna, per inaugurare la serata
- Fai come ti pare, intanto vado in bagno…
Il bagno era di quanto più simile ci fosse a quello di una metropolitana. L’anticamera era dipinta di bianco, ma stracolma di scritte sul muro. In un angolo c’erano due ragazzi che mettevano della polvere biancastra su di una scheda telefonica, in fila per il bagno c’è una ragazza sui diciotto anni, con dei capelli rasta; vicino a lei un uomo (?) con più di trent’anni. La ragazza ha la schiena al muro, lui si trova al suo fianco, con il busto rivolto verso di lei, una mano poggiata al muro e il capo leggermente inclinato. Non sono un sociologo, o uno psicologo, ma riconosco in un attimo quando qualcuno applica qualche tecnica d’abbordaggio.
La vista di quella scena suscita in me disgusto, non per il tentativo in sé di “rimorchio” ma perché quel tipo m’infastidiva. Capelli quasi del tutto rasati, pelle bianca da far schifo, pancia alcolica (quel tipo di pancia che viene a formarsi con il consumo quotidiano d’alcool), il suo sguardo da ebete, ciliegina sulla torta cercava di abbordare una ragazza molto più piccola di lui.
Lo sguardo della ragazza rivolto lontano dal suo volto, mostrava la sua insofferenza per quel tipo…
Il bagno si liberò, cosicché la ragazza poté fuggire dal suo aguzzino. Contemporaneamente, arrivò un amico del coglione che s’intrattenne a parlare con lui. Quando la ragazza uscì dal bagno, mi scaraventai nel suo interno, perché la mia vescica stava per esplodere.
Com’era facile da immaginare, quel bagno era un vero e proprio cesso: mattonelle bianche, ma con le inseparabili scritte, uno specchio vicino al lavabo rotto in due, urina sul pavimento (quando si è sotto effetto di droghe o alcool è difficile centrare il buco..), e l’intero del water era ricoperto da una misteriosa vernice verde…
Uscito dal bagno non c’era più nessuno nell’anticamera, tirai un sospiro di sollievo e mi accinsi a raggiungere Erik.
Stava fumando la sua canna e intanto aveva già attaccato a parlare con delle ragazze (carine, ma nulla di più). Gli faccio cenno di andare a prendere una birra.
Intanto il locale era nell’ora di punta, pieno di gente, rendendo difficoltoso il passaggio in diversi punti. Compro il mio bicchiere di birra, sfortunatamente, nella ressa qualcuno mi urta e rovescio quasi tutto il contenuto della birra sulla mano. Nel voltarmi e cercare di vedere il responsabile, rivedo il playboy da strapazzo proprio dietro di me. Non posso essere sicuro che sia stato lui ma inizio ad odiarlo…
Dopo aver preso unaltra birra ritorno da Erik ma lui non è scomparso insieme alle ragazze. Forse è andato a far due salti con le ragazze, penso. C’è troppa ressa per cercarlo, lo aspetterò qui.
Sono seduto su una sedia vicino all’anticamera del bagno, ho i nervi a fior di pelle, e non ho la minima intenzione di rivolgere la parola a qualcuno; mi limito ad osservare e giudicare gli altri: un tizio sta dormendo di fronte a me; chissà cosa si è calato per dormire con tutto questo fracasso.
Passano alcune decine di minuti e di fronte ai miei occhi passano due fi..e interessanti. Indossano vestiti sciccosi, non certo usuali da queste parti. Nemmeno il tempo di ammirarle, che ricompare essere ignobile, vergogna della specie umana, che rivolge la parola alle “passere”, mormora qualcosa per conoscerle.
Se c’è una cosa che odio sono gli scarafaggi, quegli insetti di piccole dimensioni, coriacei, neri e veloci, hanno suscitato in me ribrezzo fin da piccolo; ebbene, quel tipo iniziavo ad odiarlo quanto gli “scarrafoni”.
L’approccio dura pochissimo e le “passere” volano via in men che non si dica.
Come se non fosse successo nulla, lo scarafaggio si muove verso la mia direzione; si rivolge al mio vicino di sedia e con fare disinvolto gli chiede una sigaretta, ricevuto una risposta negativa arriva di fronte a me, si abbassa e poggiando una mano sul mio ginocchio domanda: “ Ehi amico, hai una sigaretta?”.
Muovo il capo per dargli la risposta negativa, lui va via. “Cosa ? quello schifoso mi ha toccato? L’essere più viscido della città ha messo una mano sul mio ginocchio? Scarafaggio di merda!” penso.
Lo seguo con lo sguardo, si dirige verso il bagno, vado dietro di lui. Nell’anticamera non c’è nessuno, quindi entra direttamente nel cesso. Un attimo dopo entro anche io: è di spalle sta per abbassarsi la cerniera, sente aprire la porta alle sue spalle, si volta, e gli arriva in pieno folto il mio pugno per inaugurare la festa, alza le mani per difendersi, ma la mia stazza lo sopraffa facilmente. Una ginocchiata alla sua pancia alcolica lo piegano in due, un leggero mugolio esce dalla sua bocca, porta le mani dove ha ricevuto il colpo, scoprendo il volto; ritorno a sferrargli un paio di pugni alla faccia da ebete, ora completamente insanguinata. Cade senza forze a terra, respira affannosamente (si sa gli scarafaggi sono duri a morire). Continuo ad infierire colpendolo con un calcio. Ho l’adrenalina alle stelle, le mie mani sporche del suo sangue tremano completamente, inizio a sudare; appena il tempo di rendermi conto di ciò che è successo ed esco dal cesso tenendo le mani intasca.
Mentre sto per uscire incontro Erik: “Ma dove eri finito?” Domanda , “ Vieni che ti presento le ragazze&hell
ip;”
“ No grazie, questa sera mi sono stancato in altri modi, vado a casa” dissi “ sapevi che odiavo gli scarafaggi?”

                                                  by Kirby


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lunedì 28 novembre 2005

Barzeletta della notte : Pierino torna a casa triste e avvilito.
- Pierino cosa ti succede? - gli domanda preoccupata la madre.
- Mamma... tutti a scuola mi chiamano Rambo!
La madre:
- Non ti preoccupare Pierino. Domani andrò a parlare con le maestre!
Pierino con aria seria:
- No mamma... questa è la mia guerra...


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domenica 13 novembre 2005

Gigetta (seconda parte)


Un carillon suonava nella stanza da letto di Don Antò, la melodia era malinconica e struggente, forse era la colonna sonora di qualche film d’amore. Era stato regalato a lui e a sua moglie, dal professore, per i loro dieci anni di matrimonio. Una scatola di legno dipinta a mano, una volta aperto apparivano due innamorati abbracciati che volteggiano mentre la musica fuoriesce. Dalla morte della moglie, il carillon era stato aperto molto spesso, bagnando frequentemente di lacrime il viso di Don Antò.
Quel giorno, mentre era seduto sul letto ad ascoltare la musica, entrò dalla finestra la piccola Gigetta, che attratta dalla melodia che risuonava nella campagna era andata evadere cosa fosse. Il tiepido miagolio attirò l’attenzione dell’uomo, che si volto verso di esso. La gatta, intanto, si era seduta sul comò ad osservare la scatola magica.
Rimasero entrambi in silenzio per alcuni minuti, poi la musica finì. Gigetta s’avvicinò al carillon, fece un paio di giri d’ispezione intorno ad esso, poi lo chiuse con la zampa anteriore. Don Antò sorrise.
Dopo quell’episodio, l’uomo iniziò a dedicare sempre più attenzioni al gatto.
In pochi anni divennero una coppia affiatata, bastava un semplice cenno di Don Antò per capirsi. Nonostante i gatti sembrino essere legati più all’ambiente che all’uomo; Gigetta mostrava alcune eccezioni. La gatta viveva all’aperto, me era sempre nei paraggi di Don Antò; bastava una sua voce per farla accorrere.
Il loro legame divenne argomento di discussione durante le lunghe tavolate che si svolgevano in quell’azienda familiare, e Don Antò non nascondeva il suo orgoglio per questo rapporto.
Tra parenti, amici, e qualche dipendente, in particolar modo nel periodo della vendemmia, almeno una ventina di persone pranzavano, nella veranda della casa, ad una lunga tavola di legno. A capotavola c’era sempre o’professore, Il cibo era sempre genuino, il buon umore era sempre sul viso di tutti, e tutto si svolgeva in un perfetto clima familiare, tra aneddoti prese in giro e tante risate, tutto innaffiato da ottimo vino. A tavola, vicino a Don Antò c’era sempre Gigetta.
Nella famiglia ciascuno aveva un ruolo “sociale”: la figura imponente del professore infondeva sicurezza a tutti, era la colonna portante, avrebbe potuto fare il bello e il cattivo tempo in casa; la moglie era la classica madre brava in cucina e sempre in ansia per i suoi figli; il responsabile del settore vinicolo Alfredo sempre pronto ad arrabbiarsi per un non nulla ma infondo un buon uomo suscita fa l’ilarità degli astanti, il quadretto comico dava il meglio di sé quando era in compagnia di Don Ciro con la sua voglia di prendere in giro tutti in particolar modo Alfredo (i giullari dell’azienda); Don Antò era possibile consideralo il collante dell’azienda; sempre pronto a consigliare chi gli chiedesse aiuto, in particolar modo era stato insostituibile consigliere per i problemi adolescenziali dei figli del professore; era voluto bene da tutti. Seppur minore, anche Gigetta aveva un ruolo, aveva colmato il vuoto affettivo in Don Antò alla morte della moglie, evitandogli uno stato depressivo.
Il tempo passò, nell’azienda iniziò a prendere le redini in mano Luca, il figlio maggiore del professore, per il resto tutto rimaneva quasi immutato. Erano passati quasi dieci anni dall’arrivo di Gigetta, la quale vita si avviava al tramonto; la sua agilità era visibilmente diminuita, non correva più tra gli animali dell’azienda come prima, inizia a non seguire più Don Antò ma a rimanere chiusa in casa.
Una mattina d’aprile così com’era arrivata, Gigetta andò via… (continua)


Pensiero del giorno: vuoi passare la vita sui libri ? Fallo. Vuoi umbriacarti tutte le sere ? Fallo : limportante che in nessun caso verrai a lamentarti da me
                                                                            By Kirby


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domenica 30 ottobre 2005

Beppe Grillo


Il comico Beppe Grillo, ieri ha tenuto un suo spettacolo durante la notte bianca di Napoli.
La sua entrata sul palco è stata accolta da un’ovazione del pubblico. Visibilmente sorpreso ha esordito non ringraziando gli applausi ma: ” ….Non è il mio ruolo; il mio ruolo è quello del cattivo, il mio compito è di criticare”.
Inizia subito urlando, deve attirare l’attenzione che non smettono di applaudire, in una pizza Dante gremita fino all’inverosimile.
Un paio di sfottò iniziali è per le amministrazioni locali (iervolino, bassolino); poi fa notare al pubblico che la pavimentazione su cui eravamo in quel momento era costata tantissimo, nonostante fosse in pietra lavica (materiale molto comune alle falde del Vesuvio), ciò era dovuto al fatto che quella pietra lavica proveniva dall’Etna! (conclude la battuta evidenziandola con la sua mimica corporea e facciale, con un gesto così difficile da spiegare a parole ma così comprensivo dal punto di vista visivo).
Inizia,così, il viaggio nelle più recenti storture del sistema italiano.
Ricorda alla folla che in una recente intervista sull’emittente televisiva la sette, il nostro presidente del consiglio ha dichiarato che lui era contrario alla guerra Iraq; additandolo poi come “piccolo nano portatore di bugie” o qualcosa del genere.
È stata la prima volta che vedevo uno show di Grillo dal vivo, traspariva tutta la sua voglia di dare un contributo per cambiare in meglio questo paese, i suoi insulti e le sue parolacce che suscitano le risate della gente, provengono dal suo odio per le cose che non vanno come dovrebbero andare (è proprio il caso di dire che le sue offese vengono dall’anima.
Tra i vari esempi c’è quello del parlamentare inglese che non aveva pagato lo stipendio alla sua colf per un mese, la notizia appare sui giornali, e lui il giorno dopo si dimette dal suo incarico. In Italia ci sono 23 figure politiche (Bossi, Dell’Utri, Pomicino, De Michelis…) tra eurodeputati e parlamentari, che sono stati condannati in terzo grado per diversi reati, tra cui tangenti e finanziamenti illeciti , i quali attualmente continuano a fare il loro lavoro. Grillo inoltre ricorda che Andreotti non è stato assolto ma il reato è semplicemente andato in prescrizione.
“Vaffanculo” è ciò che diceva il comico alla fine d’alcuni concetti, un’offesa biunivoca, da una parte era diretta a chi commetteva le ingiustizie, dall’altra era rivolta a noi che non facevamo nulla per porre termine a tutto ciò.
Altri argomenti degni di nota sono stati i guai finanziari di Telecom e Alitalia i quali amministratori, in barba alla disastrosa situazione economia delle loro aziende, si gonfiano il loro salario in modo eccessivo rispetto agli amministratori d’altre aziende europee.
Un breve excursus sulle aziende (tantissime)del piccolo nano bugiardo, e di un suo socio Tronchetti Provera (il tronchetto dell’infelicità), dimostrando com’essere l’azionista maggioritario di società chiave può essere fondamentale per la detenzione del potere (Berlusconi è azionista maggioritario di una società che ha la proprietà dei cavi in cui passa la corrente elettrica delle nostre case.)
Con l’apertura di un blog , Grillo sta combattendo la sua lotta contro il sistema malato (combattere i media con i media). Grazie al quale si tiene in contatto con i suoi abituali visitatori ed organizza azioni del tipo, comprare una pagina della repubblica e scrivere “Fazio Vattene”.
Insomma, i Vaffanculo si sono sprecati ieri sera, tutto condito dal suo carisma in grado di coinvolgere le 50000 persone della piazza, nonostante il suo corpo non più giovane era ancora in grado di attirare l’attenzione di tutti con le sue urla.
Dopo un ora di monologo (anche se in alcuni casi ha interagito con il pubblico), lo spettacolo è interrotto per motivi di sicurezza.
Il motivo? La piazza era talmente satura di persone che le persone non riuscivano ad uscire dalla metropolitana (situata dall’altra parte della piazza!).
Tutto ciò non sarebbe successo se lo spettacolo di Grillo fosse stato collocato nella più capiente Piazza Plebiscito. Forse gli organizzatori della manifestazione non avevano pensato alla mole di persone che avrebbero seguito il comico genovese, o forse è stato un errore voluto affinché non troppe persone lo seguissero…ma per una volta mi piace pensare che non c’è stata preintenzionalità.


                                         By Kirby


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lunedì 24 ottobre 2005

Una tenera storia...


Gigetta (prima parte)


Questa è la storia di Don Antò, un uomo buono come un pezzo di pane.
Don Antò viveva in casolare in campagna, immerso in coltivazioni agricole. Tra i proprietari di quest’area c’era lui e suo fratello Carmine detto “o’ professore” ; così chiamato perché era un luminare della medicina. Gestivano l’ azienda agricola “Malachia”, insieme alla famiglia del professore. Don Antò all’età di quarant’anni era rimasto prematuramente vedovo, non avendo avuto figli, l’unica famiglia rimastagli era quella di suo fratello. La moglie Concetta, e i suoi figli Maria, Vittoria e il figlio maggiore Luca.
Il professore e la sua famiglia vivevano in città, ma in diversi periodi dell’anno andavano in uno splendido caseggiato immerso nel loro territorio agricolo.
Principalmente nel periodo della vendemmia, quando l’attività dell’azienda è più in fermento.
L’ azienda familiare produceva soprattutto vino di buona qualità, ma anche un discreto quantitativo d’olive e d’albicocche. Gli animali da allevamento presenti, erano esclusivamente ad uso privato: qualche maiale , qualche gallina e un paio di capre.
Per quasi tutto l’anno Don Antò abitava in quel casolare, situato in zona collinare, in mezzo ai vigneti, siccome il fratello era molto impegnato col suo lavoro, era lui ad occuparsi principalmente dell’azienda.
“Malachia” era un’azienda piena di personaggi pittoreschi: il burbero responsabile del settore vinicolo Alfredo; Don Ciro coetaneo e cugino dei fratelli, si occupava della vendita dei prodotti dell’azienda, ma non disdegnava di dare una mano nei momenti critici, era socievole e sempre disposto a prendere in giro il prossimo; Yuri, il più anziano dipendente dell’azienda, d’origini ucraine, aveva maturato una notevole esperienza nel settore…
La lista di persone potrebbe continuare per un po’, ma questa è la storia di Don Antò.
Un uomo gentile con tutti, mai scontroso, paziente e tranquillo. Una voce che infondeva sicurezza nell’interlocutore, amante della natura. Insieme al fratello aveva acquistato dei terreni abbandonati e li avevano riqualificati. Il suo rapporto con gli animali era splendido, sembra quasi comunicasse in modo diretto con loro.
Don Antò in un’altra vita sarebbe stato un prete o un monaco, e forse santo.
La morte della moglie fu un brutto colpo per lui, ma grazie alla famiglia che gli stette vicino riuscì a superare quel brutto momento. Era un filosofo, se n’era fatto una ragione dell’accaduto: “Così è la vita” diceva a se stesso.
A colmare il vuoto lasciatogli dalla moglie, furono i suoi amici animali. Cani e gatti che frequentavano l’azienda ottennero maggiori attenzioni da parte di Don Antò; in particolare una giovane micia che di recente aveva iniziato a frequentare la zona.
Di color grigio fumo, due occhietti azzurri talmente limpidi da sembrare di cristallo, un pelo folto e morbido quasi come una peluche, uno sguardo vispo e attento.
La micia divenne ben presto la preferita di Don Antò che decise di chiamarla Gigetta...


 By Kirby 


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mercoledì 19 ottobre 2005

Poesie Catartiche


Ho sognato

Ho sognato noi due,
Eravamo in un prato fiorito,
Correvamo a piedi nudi come due innocenti fanciulli.
Siamo arrivati in riva al lago,
lì ci siamo baciati,
lì ci siamo spogliati,
e abbiamo fatto l’amore.
Cazzo, i peperoni fanno proprio male la sera.


Ho visto

Ho visto un Italia diversa,
coi lavoratori tutti felici e i sindacati per niente contrariati,
studenti e ricercatori anche loro felici per come andavano le cose,
tutti avevano una pensione assicurata,
nessuno era senza un tetto sotto cui stare,
era finita la recessione e la speranza si respirava nell’aria.
Berlusconi? Non era mai nato.
Ah però, anche la Marijuana non è da meno.

                     by Kirby


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sabato 24 settembre 2005

lultima parte di un inno al fascino femminile? Forse...


Occhi di ghiaccio (seconda e ultima parte)


Hai mai avuto la sensazione di sentirti vuoto dentro?
- Si, quando non ho mangiato per due giorni consecutivi, hahaha.
- Spiritoso, pensi sempre a magiare, poi vieni a lamentarti che hai messo qualche chilo
- Touchè! Continua, che conoscendoti non sarà finita così.
- Ero seduto al tavolo con la testa fissa sul boccale di birra ormai vuoto, a rimuginare il mio errore, contemporaneamente le ragazze ripresero a parlare amichevolmente. La cosa peggiore era sentire i loro sguardi su di me, le risatine ironiche nei miei confronti; o almeno così credevo.
- Povero pulcino…
- E’ inutile che ti credi migliore, al mio posto saresti scappato in lacrime
- Uff, ma stai sempre a sottilizzare? Dimmi un po’ tu cosa hai fatto.
- Dopo quegli attimi di sbandamento, faccio un altro giro della mia birra; per aiutare la mente ad elaborare una nuova strategia. Nemmeno il tempo di far arrivare il boccale che, purtroppo, il mio diavolo tentatore si alza dalla sedia e accenna ad andarsene. La mia mente entra in crisi ho paura di perderla e non vederla mai più.
Intanto, lei sistematasi la borsetta lascia dei soldi sul tavolo e prende la direzione della porta, si accinge a sfilar davanti al mio tavolo, ho la mente annebbiata, apro bocca ma senza proferir parola; seguo con la testa tutta la sua passerella, oddio quanto avrei voluto saltarle addosso, ho trattenuto a stento il mio istinto. Nell’istante in cui si è lasciata alle spalle il mio tavolo, estraggo un sorriso forzato ed emetto un insipido ciao
Dalla bocca. La costringo a voltarsi per un istante, guardandomi emette un mezzo sorriso e scuote la testa in modo impercettibile; chissà cosa avrà pensato, poi ritorna a camminare sulla sua passerella e scompare dietro la porta, lasciandomi solo con la sua scia di profumo e il ricordo della sua sensualità.
- …..
- Sono rimasto alcuni minuti a guardare quella porta che ha portato via il mio carnefice, finché sono attirato da uno strano rumore vicino.
Era l’amica del diavolo che accenna a sedersi al mio tavolo. “Posso accomodarmi?” domanda. “P-prego” rispondo. La guardo con aria interrogativa, e lei per tutta risposta “ Ti piace la mia amica eh?” domanda in modo retorico. “Sarei un bugiardo se rispondessi di no” ribattei.
Iniziai a parlare con lei, potendo osservare il suo taglio d’occhi eccezionale e la sua bocca con labbra sottili ma grande…
- …e così ti buttasti sulla sua amica
- in quello stato era impossibile; è come se ad un bambino avessero promesso dei profiteroles e poi avesse ricevuto delle caramelle.
- Hai rifiutato, così, una ragazza deliziosa per questo motivo?
- Lascia stare e continua a sentire…
- e dicono che sono io lo strano tra noi due…
- Malgrado stessi parlando con lei, la mia mente era sempre rivolta ad “occhi-di –ghiaccio”, cercai di trarre più informazioni possibili, finché il mio interlocutore mangiò la foglia.
“Perché non esci allo scoperto, e mi chiedi direttamente cosa vuoi?” disse.
“Qualsiasi cosa tu sappia di lei, ti prego di rendere partecipe anche me” risposi a bruciapelo senza preoccuparmi di aver fatto una pessima figura.
Emise un sospiro, si prese una pausa per bere dal mio boccale, mi guardò con sguardo caritatevole, poi apri bocca: “Sei la sua ennesima vittima, accetta un consiglio, dimenticala!”. Mi opposi energicamente: “No, impossibile” sbattendo un pugno sul tavolo. Per niente scomposta, quasi a prevedere la mia reazione rispose: “Per fortuna domani riparte per la Scozia, così non potrà rovinare un bel viso come il tuo..”.
Alla notizia della sua dipartita mi prese un tuffo nel cuore, ero perso, forse sbiancai, balbettai qualcosa. Lei, per nulla scomposta, incalzò “Sai dove sarà andata ora? Da uno dei suoi tanti uomini, per farsi corteggiare e farsi regalare qualche costoso regalo d’addio”.
Se fossi stato debole di cuore, a quest’ora non sarei qui a raccontare…
Per nulla soddisfatta continuò:” Con la schiera di corteggiatori sparsi per il mondo potrebbe far concorrenza ad un playboy incallito”.
“Qual è il suo nome?” domandai. “Che cosa cambierebbe, domani non ci sarà più, chissà quando ritornerà” rispose . “Ho bisogno di sapere il nome della donna che mi porterà alla rovina” ribattei. Lei sconsolata mi accontentò: “ Shirley, domani mattina prenderà il treno per andare all’aeroporto, puoi trovarla alla stazione verso le nove” .
Il resto della serata è superfluo, congedai quella ragazza senza scambiarci nessun numero di telefono,poi tornai a casa.
Una lunga notte insonne mi avrebbe atteso, nel buio della stanza mi rigiravo nel letto in continuazione, le lenzuola avvolte sul mio corpo sembravano infuocate, Shirley era il mio unico pensiero, il suo corpo era solo una della tante cose perciò non avrei chiuso occhio quella notte. Nella testa si susseguivano tutte le qualità di quel diavolo tentatore; il suo portamento, le sue labbra carnose, il modo in cui accompagnava il bicchiere alla bocca, il bianchissimo colore della sua pelle, il suo sguardo. Porca miseria il suo sguardo mi faceva raggelare il sangue nelle vene; tutta la notte a pensare cosa avrei fatto se fosse stata lì con me, che incubo.
- Quindi non dormisti per niente?
- Nemmeno due ore di sonno , mi svegliai all’alba con il nome Shirley che rimbombava nel cervello.
Davanti alla specchio la mia faccia con due occhiaie che sembravano un set di borse formato famiglia, al posto dei capelli avevo un nido d’uccelli disfatto, in poche parole una pessima faccia.Dopo una doccia gelata cercai di sistemarmi al meglio e mi diressi alla stazione a piedi poiché era in anticipo di molto tempo.
Arrivato là ero stanchissimo, mi stesi su di una panchina e caddi addormentato.
Stavo sdraiato sulla panchina di una stazione come un barbone per via di una donna…
- Che brutta fine…
- Al mio risveglio ero ancora più intontito, istintivamente guardai l’orologio, erano quasi le nove…andai a cercare il suo treno, sbandavo sia per il sonno sia per la fame.
Mi sedetti in prossimità del treno ad aspettare, tremavano le mie ginocchia al pensiero di rivederla, o forse era semplicemente febbre. In men che non si dica sfilò davanti ai miei occhi per la seconda volta; aveva un vestito completamente nero e aderente al suo corpo che scendeva fino alle sue caviglie. Un vestito stretto che non le permetteva di allargare troppo le gambe; dalle caviglie scorgevano calze grigio scuro (forse erano dotate di reggicalze), ai piedi un paio di scarpe nere coi tacchi. I capelli rossi erano raccolti e mantenuti da una bacchetta nera, un basco nero accessoriato di una farfalla rossa completavano l’opera. Anche se il vestito era scomodissimo manteneva un portamento impeccabile, come una fotomodella professionista. Inutile dire che tutti gli occhi erano su di lei. Shirley con il suo carisma e la sua sensualità era destinata a smuovere gli ormoni del sesso maschile ovunque andasse.
Nel sua passerella non notò neppure la mia presenza e si diresse con sicurezza al suo vagone.
Ancora con la mente confusa mi alzi di scatto e traballando avanzai lentamente verso di lei. Il capotreno le diede una mano a salire il suo bagaglio, poi scomparve nel treno. Dalla banchina iniziai a scrutare ogni finestrino, il cuore batteva sempre più veloce, ero un cane che cercava affannosamente il suo padrone. La trovai nel vagone alla testa del treno. Picchiettai sul vetro, l
ei mi vide e abbasso il vetro, estrasse il busto in fuori. Incrociai per l’ultima volta i suoi occhi-di –ghiaccio. Guardandomi capì subito come poteva essere stata la mia insonne notte, aveva fatto un’altra vittima un altro soldatino si sarebbe dannato l’anima per lei. Fece un sorriso di compiacimento e aspettò cosa avessi da dirle.
Con i miei ultimi barlumi di lucidità mentale dissi :”…mmMA VAFFANCULO


                            By Kirby


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domenica 18 settembre 2005

Pensiero della notte per riflettere: LItalia dal punto di vista della libertà di stampa è al 72esimo posto tra la Macedonia e il Nepal .... (Tratto da uno show di Beppe Grillo)
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martedì 30 agosto 2005

Un racconto sensuale? commentate e ditemi se lo è


Occhi di ghiaccio (prima parte)


- L’altra sera ero in quel locale situato nei pressi del lungomare, quello con le finestre colorate…
- Il “British Bulldog?
- Sì, per l’appunto. Ci sei mai stato?
- Un paio d’anni fa, ma ho dimenticato com’è fatto all’interno…
- All’entrata si scendono un paio di gradini, sulla destra c’è la cassa e il lungo bancone del bar. A sinistra ci sono tavoli di legno e il piccolo palco per le esibizioni.
- Che tipo d’atmosfera c’è dentro?
- Da taverna per scaricatori di porto, lampadine colorate e pacchiane diffondono una luce opaca gialla, rossa o verde; al muro ci sono appesi gli oggetti più disparati: la bandiera inglese, una rete da pesca, uno specchio…e naturalmente il pezzo forte, una testa di Bulldog inglese impagliata!
- Caspita! Hai ragione ora ricordo…che assurdità quella testa.
- Come stavo dicendo, ero lì a far sbollire un po’ di rabbia accumulata sul lavoro, bevendo la mia birra preferita, tra parentesi la “Red Fox”, quello è l’unico locale della città in cui posso trovarla.
- E comunque…
- In ogni caso, mentre bevevo notai un’evidente cappa di fumo che dominava il locale, mi voltai intorno e apparentemente nessuno degli altri clienti sta fumando, anche se era una serata morta senza esibizioni dal vivo c’erano parecchi avventori e nessuno fumava.
- Allora il fumo?
- Pensai a qualcosa che bruciasse dalla cucina, così guardai in direzione di essa, ma niente. Guardando attentamente, poi, qualche persona seduta ai tavoli notai la minuscola fiamma che provocano le sigarette, nascosta sotto al tavolo.
- Perché ciò?
- Siccome è vietato fumare nei locali e il gestore fa rispettare tale divieto, allora tutti fumano tenendo nascoste le sigarette e facendo dei fugaci tiri come degli adolescenti che hanno paura di essere scoperti dai genitori.
- Ha ha
- Si era creata, così, questa nube creata da fumatori impenitenti
- Ha parlato il salutista, quello che fuma anche le foglie delle noci.
- Certo ma non nei locali pubblici; e non divagare che stavo finendo di raccontare.
- Vai che sono tutto orecchie…
- Vicino al mio tavolo c’erano due ragazze che discutevano amichevolmente.
- Ecco che il discorso inizia a farsi interessante, com’erano?
- Una mora, corporatura minuta, pelle chiara con gli occhi da cerbiatto, deliziosa davvero. L’altra era una mangiatrice d’uomini: capelli folti e tinti di rosso, pelle bianchissima, occhi chiari, ombretto nero e labbra carnose, messe ben in evidenza da un rossetto vermiglio, con un corpo atletico di chi si tiene in forma.
- Potevi farmi un colpo di telefono.
- Certo e tu lasciavi un attimo la tua ragazza e attraversare tutta la città solo per vedere una donna.
- Sai benissimo che le rosse mi fanno impazzire.
- Lo stesso vale anche per me, infatti, la mia attenzione era tutta su di lei. Indossava un completo niente male: una specie di camicia bianca e nera a righe, priva di maniche che esaltava il colore della sua pelle e una mini-gonna dello stesso colore che mostrava due gambe accavallate e scandalosamente nascoste da un paio di sexi-calze
- …
- Chiudi la bocca che entrano le mosche.
Le due ragazze stavano bevendo un paio di odiosi cocktail alcolici ambedue azzurri.
- Un Angelo Azzurro?
- Per me poteva essere anche acqua colorata, che importa; ma se avessi visto il modo in cui lei afferrava il calice con le sue lunghe dita e lo portasse alla bocca per sorseggiare, avresti avuto un principio di infarto. Altro che angelo azzurro, ero sempre più convinto che fosse un diavolo rosso del girone dei lussuriosi, pronto a raccogliere altre vittime per l’inferno.
Per farla breve, era dotata di un enorme fascino e di una sensualità tale da mettere a dura prova la volontà un monaco buddista. Dal canto mio in pochi minuti mi sentivo gia un suo schiavo. Dovevo conoscerla a tutti i costi altrimenti non avrei chiuso occhio quella notte. Sicuramente non dovevo andare da loro e presentarmi, altrimenti non avrei iniziato col piede giusto, quindi aspettai il momento opportuno per intervenire.
Nel momento in cui finirono di bere il cocktail, lei fece per accendere una sigaretta: estrasse il pacchetto dalla borsa di pelle nera e prese una sigaretta, poi tirò fuori un accendino dorato, di quelli quadrati con il coperchio, portò la sigaretta alla bocca, aprì l’accendino, accese la fiamma (oddio avrei voluto essere quella sigaretta per bruciare lentamente tra le sue labbra); nel momento in cui stava per infiammare la sigaretta intervenni.
“ Scusi signorina, qui dentro è vietato fumare, non per importunarla ma sono allergico al fumo”. Dissi in modo ironico.
Ottenni il suo primo sguardo, aveva ancora la fiamma dell’accendino accesa, e con i suoi occhi di ghiaccio sembrava volesse sottopormi al giudizio universale, mi lanciò uno sguardo d’odio, come per dire “microbo ma come osi rivolgermi la parola?”, sentii un tuffo nel cuore, come se stessi precipitando da una cascata.
Senza dir nulla rimise a posto i suoi arnesi e si voltò in direzione dell’amica.
Il mio approccio era fallito.
Hai mai avuto la sensazione di sentirti vuoto dentro? (continua)
                                                                     


                                                     By Kirby


                                                                  


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lunedì 29 agosto 2005

Pensiero del giorno: Se la prostituzione è come affittare il proprio corpo, allora, il matrimonio è come venderlo


Tratto dal film: "E morì con un felafel in mano"


      By Kirby


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venerdì 26 agosto 2005

Una breve storia scaturita dalla noia estiva ufff....


Noia estiva


Nella stanza color giallo scolorito, c’è l’illuminazione di una TV accesa ma col volume a zero. Le immagini che si susseguono proiettano luce sul volto di Geppo, disteso a torso nudo sul letto. L’unica altra illuminazione è data da una lampada sul tavolo rotondo. La luce della lampada è puntata sulla copertina di un libro “Storie d’ordinaria follia” C. Bukoski (o come diavolo si scrive).
Il silenzio regna sovrano nella stanza semi-buia.
Geppo è sopraffatto dalla noia, dal tedio, dalla monotonia o come diavolo si vuol chiamare. La sua mente è oppressa da pensieri disgustosi; intanto cambia canale al televisore con il telecomando in via di fusione.
Quella serata chiuso in casa non ha nulla a che spartire con le “folli avventure del protagonista del libro appena letto.
In quest’afosa sera d’estate, Geppo non ha cercato nemmeno di organizzare qualcosa con gli amici, a parer suo sono diventati tutti noiosi; pensano solamente a comprare fumo e birra per trascorrere la serata.
Ora, barricato in casa, si sente ancora peggio di quando esce con gli amici. La sua casa-cella gli è stretta, purtroppo se uscisse dalla casa così tardi rischierebbe di passare la nottata da solo.
Prendere sonno gli è impossibile perché ha passato tutto il pomeriggio a dormire.
Per la prima volta nella sua vita inizia a pensare di fare qualcosa d’illegale per passare il tempo…
“Potrei provare qualche droga pesante… se almeno conoscessi qualcuno per procurarmela”.
“ Potrei uscire da casa in cerca di qualcuno con cui fare un po’ di rissa…mhmm””meglio di no”
“Coi tempi che corrono rischierei di azzuffarmi con qualcuno armato”
zzzZZZzzz
“C…O”
Una zanzara sfiora l’orecchio di Geppi. Istintivamente si alza di scatto e agita le braccia.
“Ecchepalle” . Dopo pochi attimi ritorna disteso sul letto, è al corrente del fatto che non può far nulla contro di lei.
“Spero almeno che non ronzi di nuovo nel mio orecchio”. Pensa tra sé nell’attesa che arrivi il morso del malefico insetto.
Pian piano ritornano i pensieri spiacevoli scaturiti dalla noia
“Potrei lanciare sassi da un cavalcavia..” “Nooo troppo faticoso e poi rischierei di ammazzare qualcuno; sai che palle tutto quel tempo chiuso in carcere”.
“Quasi quasi stupro quella t…ia del secondo piano” “però se c’è anche il suo boyfriend dovrei per prima cosa uccidere lui; rischiando a mia volta di essere ucciso ( sai che palle, tutto quel tempo sotto terra!).
“Inizia a prudermi il braccio, significa che la zanzara a fatto il suo dovere”
“Almeno ora qualcosa su cui concentrarmi”
Il tempo passa e Geppo continua con le sue elucubrazioni mentali…
“Forse dovrei trovarmi una ragazza per passare queste sere d’estate”
“Questa è la più grande stupidaggine del mio cervello poteva partorire questa sera”
“Il pensiero che qualcuno possa affliggermi con le sue telefonate ogni giorni mi provoca un attacco allergico alla pelle ArRggHh”
In quell’istante squilla il telefono; Geppi contrariato si alza e risponde.
-Pronto… no non c’è nessun Antonio avete sbagliato…”
“Porc…”
Geppi ritorna sul suo letto disfatto.
“Potrei giocare degli scherzi telefonici, e magari registrarli e diffonderli su internet”
“Si, e poi chi paga la bolletta? E se poi incappo con qualcuno dotato di telefono cui compare il numero di chi chiama?”
“Possibile che non si possa fare niente di divertente senza correre qualche fastidiosa controindicazione?”
Geppi si rigira nel letto per guardare il soffitto.
“Mai come ora desidero una pasticca di cianuro…”
In quell’istante arriva l’apocalisse: tutto Il pianeta Terra si riempie d’enormi aperture che inghiottono le case, il cielo e costellato da un incessante pioggia di meteoriti che rade tutto ciò che capita a tiro, in contemporanea eruttano tutti i vulcani presenti sulla terra, si verificano come una reazione a catena si verificano i terremoti più intensi che si siano mai registrati, i maremoti sono all’ordine del giorno sulla maggior parte delle coste, per completare l’opera le bombe atomiche cosparse per tutti i continenti autoesplodendo eliminano completamente la razza umana dalla Terra.
Per un caso fortuito, Geppi rimane l’unico superstite sul pianeta…
Nella stanza color giallo scolorito, c’è l’illuminazione di una TV accesa ma col volume a zero. Le immagini che si susseguono proiettano luce sul volto di Geppo, disteso a torso nudo sul letto. L’unica altra illuminazione è data da una lampada sul tavolo rotondo. La luce della lampada è puntata sulla copertina di un libro “Storie d’ordinaria follia” C. Bukoski (o come diavolo si scrive).
Il silenzio regna sovrano nella stanza semi-buia.
Geppo è sopraffatto dalla noia, dal tedio, dalla monotonia o come diavolo si vuol chiamare. La sua mente è oppressa da pensieri disgustosi; intanto cambia canale al televisore con il telecomando in via di fusione.
Quella serata chiuso in casa non ha nulla a che spartire con le “folli avventure del protagonista del libro appena letto.
In quest’afosa sera d’estate, Geppo non ha cercato nemmeno di organizzare qualcosa con gli amici, a parer suo sono diventati tutti noiosi; pensano solamente a comprare fumo e birra per trascorrere la serata.
Ora, barricato in casa, si sente ancora peggio di quando esce con gli amici. La sua casa-cella gli è stretta, purtroppo se uscisse dalla casa così tardi rischierebbe di passare la nottata da solo.
Prendere sonno gli è impossibile perché ha passato tutto il pomeriggio a dormire.
Per la prima volta nella sua vita inizia a pensare di fare qualcosa d’illegale per passare il tempo…
“Potrei provare qualche droga pesante… se almeno conoscessi qualcuno per procurarmela”.
“ Potrei uscire da casa in cerca di qualcuno con cui fare un po’ di rissa…mhmm””meglio di no”
“Coi tempi che corrono rischierei di azzuffarmi con qualcuno armato”
zzzZZZzzz
“C…O”
Una zanzara sfiora l’orecchio di Geppi. Istintivamente si alza di scatto e agita le braccia.
“Ecchepalle” . Dopo pochi attimi ritorna disteso sul letto, è al corrente del fatto che non può far nulla contro di lei.
“Spero almeno che non ronzi di nuovo nel mio orecchio”. Pensa tra sé nell’attesa che arrivi il morso del malefico insetto.
Pian piano ritornano i pensieri spiacevoli scaturiti dalla noia
“Potrei lanciare sassi da un cavalcavia..” “Nooo troppo faticoso e poi rischierei di ammazzare qualcuno; sai che palle tutto quel tempo chiuso in carcere”.
“Quasi quasi stupro quella t…ia del secondo piano” “però se c’è anche il suo boyfriend dovrei per prima cosa uccidere lui; rischiando a mia volta di essere ucciso ( sai che palle, tutto quel tempo sotto terra!).
“Inizia a prudermi il braccio, significa che la zanzara a fatto il suo dovere”
“Almeno ora qualcosa su cui concentrarmi”
Il tempo passa e Geppo continua con le sue elucubrazioni mentali…
“Forse dovrei trovarmi una ragazza per passare queste sere d’estate”
“Questa è la più grande stupidaggine del mio cervello poteva partorire questa sera”
“Il pensiero che qualcuno possa affliggermi con le sue telefonate ogni giorni mi provoca un attacco allergico alla pelle ArRggHh”
In quell’istante squilla il telefono; Geppi contrariato si alza e risponde.
-Pronto… no non c’è nessun Antonio avete sbagliato…”
“Porc…”
Geppi ritorna sul suo letto disfatto.
“Potrei giocare degli scherzi telefonici, e magari registrarli e diffonderli su internet”
“Si, e poi chi paga la bolletta? E se poi incappo con qualcuno dotato di telefono cui compare il numero di chi chiama?”
“Possibile che non si possa fare niente di divertente senza correre qualche fastidiosa controindicazione?”
Geppi si rigira nel letto per guardare il soffitto.
“Mai come ora desidero una pasticca di cianuro…”
In quell’istante arriva l’apocalisse: tutto Il pianeta Terra si riempie d’enormi aperture che inghiottono le case, il cielo e costellato da un incessante pioggia di meteoriti che rade tutto ciò che capita a tiro, in contemporanea eruttano tutti i vulcani presenti sulla terra, si verificano come una reazione a catena si verificano i terremoti più intensi che si siano mai registrati, i maremoti sono all’ordine del giorno sulla maggior parte delle coste, per completare l’opera le bombe atomiche cosparse per tutti i continenti autoesplodendo eliminano completamente la razza umana dalla Terra.
Per un caso fortuito, Geppi rimane l’unico superstite sul pianeta…

                                                                  BY  KIRBY


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giovedì 18 agosto 2005

Cervello di cane (terza ed ultima parte)


Questa notte di Denver City è più buia del solito, infatti, nessuna luna illumina il cielo. Per fortuna ci sono grandi lampioni che irradiano la loro luce arancione per le strade principali e per alcune particolari zone; come il “Charlie Circus” il centro della città sempre brulicante di gente a tutte le ore, “l’aereoporto Hook” o quello che ne rimane dopo un attacco dinamitardo, il cimitero delle auto (O’Scass’) di proprietà di un italo-americano. L’area circostante il deposito di Tony Santagata era allo stesso modo circondato dallo stesso tipo d’illuminazione.
Di solito, la notte questa zona è molto solitaria, data la locazione periferica, ma questa notte no. E’ una notte particolare, piena d’eccezioni.
Un uomo col volto coperto si avvicina al deposito, porta con sé una borsa di pelle nera molto consumata.
Cammina con fare sicuro in direzione del cancello principale.
Arrivato in prossimità del muro di cinta, alza il braccio con la borsa e lo fa roteare in senso orario un paio di volte, poi quando l’arto stà per arrivare nella posizione più alta lascia la presa. La borsa inizia a volare in aria in direzione della sommità del muro di cinta…
Compie un volo parabolico che gli permette di superare l’ostacolo, per poi atterrare dall’altro lato.
TUMP un rumore sordo si sprigiona dalla caduta della borsa. Le onde sonore arrivano alle orecchie dei cani da guardia che si mettono in allerta.
Subito dopo l’uomo si arrampica su per il muro e raggiunge la sommità; il rumore che provoca fa abbaiare Krauser e Panzer. Incurante dei cani, l’intruso attende l’arrivo dei cani.
Krauser arriva abbaiando vicino la borsa, con andatura zoppicante e modo minaccioso. L’uomo seduto sul muro si toglie la copertura al viso rivelando la sua identità ( come tutti hanno capito sin dall’inizio è Jo Blade).
- Sunny Sunny. Urla Jo e contemporaneamente compie un balzo in direzione del cyberpet, allungando le braccia verso di lui.
L’odore e la voce di Jo sono recepiti dal cane, i cui organi sensoriali trasmettono le informazioni al cervello sottoforma di impulsi.
Il cervello di Krauser è zeppo di Neuralware (processori e coprocessori), riceve quelle informazioni come tutte le altre, le elabora e produce una risposta.
Quella risposta però è un’eccezione. Gli impulsi di risposta che viaggiano attraverso i neuroni del cervello sono in netta controtendenza con il silicio e la plastica di cui sono circondati.
Krauser smette di abbaiare, si avvicina a Jo continuado ad annusare
-Sunny sono io mi riconosci?
Krauser è ormai a contatto diretto con Jo , il suo cervello emana segnali che non mandava da anni. Inizia a scodinzolare, guaisce, porta la testa alle mani di Jo, cerca con il muso le sue carezze.
- Sunny! Guarda come ti hanno combinato dice Jo con tono rammaricato.
Jo si china verso di lui e invano lo accarezza sulla testa. Krauser continua a scodinzolare. Per far sentire la sua mano Jo la passa sul muso nero coi puntini bianchi. Scende con la mano nella bocca del cane e la muove per giocare con lui. Si pone davanti a lui e lo guarda negli occhi.
- Quel bastardo, forse ti ha modificato anche gli occhi. Poi lo abbraccia in lacrime.
Quando due amici si ritrovano dopo tanti anni sembra un buco nello spazio-tempo non esistono più il luogo e il momento che li circondano, tutti i rumori sono annullati e le persone intorno inesistenti…
Jo si asciuga le lacrime con il braccio.
-Guarda cosa ti ho portato. Nel dire questo estrae dalla borsa una pallina rossa di gomma mordicchiata.
- La riconosci? Era la tua palla .
Krauser annusa la palla, Jo la lancia lontano. Il cane corre e la prende.
Jo è commosso ma felice. – Bene, mettiamoci all’opera.
Si alza in piedi e raccoglie la borsa e inizia a camminare, Sunny lo segue con il suo giocattolo in bocca.
L’abbaiare di Panzer torna a farsi sentire, Jo si avvicina verso di lui. Panzer ringhia e poi spicca un salto verso di l’uomo.
Klang! La catena che lega Panzer impedisce di attaccare Jo, che senza scomporsi prende dalla borsa una bomboletta spray. La usa sul cane che cade a terra addormentato.
-Perfetto, ora ci divertiamo.
Jo si aggira indisturbato nel deposito in cerca del bottino più pregiato. Sunny segue scodinzolando il suo padrone
Ruba un camion carico di merce, carica all’interno il cane addormentato e fa salire al suo fianco Sunny.
- Sai Sonny? Una volta ricevuto il guadagno vediamo un po’ cosa si può fare per disattivare i tuoi marchingegni.
Il camion parte nella notte priva di luna.
                                           BY Kirby


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domenica 7 agosto 2005

Cervello di cane (seconda parte)



Si era sparsa la voce sul cane di Tony, così molti ladruncoli preferivano prendere di mira altri obiettivi, e quei pochi che avevano deciso di provarci lo stesso erano finiti in malo modo.

 



Passarono alcuni anni.

 



Dopo l’uccisione di quell’uomo con un micro-missile al petto nessuno aveva più tentato di derubare al deposito di Tony; Krauser aveva ucciso in tutto tre persone.

 



Iniziava ad avvicinarsi per il Cyberpet l’ora della pensione, i segni dell’età diventavano evidenti per un corpo martoriato dagli impianti cybernetici.

 



La sua agilità non era più quella di una volta, la voce era diventata più roca, probabilmente anche la vista era calata, nonostante ciò manteneva ancora il suo aspetto imponente, che unito alla sua fama, teneva a distanza i ladruncoli.

 



Il sole della vita di Krauser era nella fase del tramonto; aveva trascorso la maggior parte della sua esistenza chiuso in quel deposito a non fare tutto ciò che gli altri cani fanno.

 



Tony sapeva bene delle condizioni del suo cane, e che in tentativo di furto avrebbe potuto essere fatale per il cane, ma non gli importava minimamente. La sua preoccupazione era di procurarsi un nuovo cane e di spendere altri soldi per cybernizzarlo a dovere; non conveniva utilizzare gli impianti di Krauser perché troppo vecchi e probabilmente si sarebbero guastati dopo poco tempo, inoltre c’era il pericolo di un rigetto del nuovo corpo, essendo stati molto tempo in un altro corpo.

 



Tony, decise così, di prendere un nuovo e gran cane da poter modificare a proprio piacimento; e sopprimere il vecchio Krauser quando non sarebbe più servito…

 



Questa volta decise di acquistare un cane di razza purosangue geneticamente modificato per la guardia.

 



Dopo alcuni giorni arrivò il furgoncino delle consegne, che portava il successore di Krauser. A guidarlo era Jo Blade, un ex vagabondo che sembrava aver messo la testa a posto.

 



-Ciao Tony- Disse Jo.

 



-Ciao Jo, questo è il cane che ho ordinato? Rispose Tony, mentre il fattorino scaricava il cane all’entrata del deposito.

 



- Si, il suo nome è Panzer, c’è scritto sulla ricevuta che devi firmare.

 



-Hai una penna?

 



-Mi spiace, devo averla dimenticata nella consegna precedente.

 



-Allora aspetta un attimo che la vado a prendere dentro.

 



Jo rimase solo ad aspettare.

 



Klang, Klang un rumore metallico attirò la sua attenzione; si voltò e vide Krauser incatenato alla sua cuccia. Stava girando su se stesso per poi accucciarsi nuovamente.

 



Jo s’avvicinò un po’ per osservarlo meglio: “Che schifo” pensò; quelle placche dermali privano il cane di sensibilità al capo, facendogli vivere un’esistenza solitaria…

 



Mentre era intento a queste riflessioni notò delle macchioline bianche sul muso…   “che mi venga un colpo”, rimase ad osservare attentamente “Possibile che..” .

 



Nel frattempo tornò Tony: - Ecco la ricevuta, tutto in ordine?

 



- Si.  Jo fece per andarsene. - Dove hai preso quel cane?

 



-Al canile di Denver City, cinque o sei anni fa, rispose Tony, - Anche se ormai è troppo vecchio per questo lavoro, appena avrò modificato il nuovo cane, lo farò sopprimere.

 



Jo, senza aggiungere altro saluto e ripartì col furgone…

 



La mente di Jo fù invasa dai ricordi: era ancora un vagabondo, viveva sulla strada e tirava avanti con qualche lavoretto sporco, finchè non fù arrestato ed incarcerato per alcuni anni; prima della prigione il suo unico amico era stato Sunny un cane bianco e nero che aveva raccatato per strada.

 



“SUNNY LIVES” si era fatto tatuare sul braccio sinistro, in prigione in onore di un amico che non poche volte lo aveva salvato dalla fame.

 



Scontata la condanna Sunny non c’era più.

 



Le macchioline bianche sul muso nero, la sua statura, e le informazioni di Tony su quando aveva preso il cane dal canile, gli facevano pensare che forse aveva ritrovato il suo amico…(continua)

 



                                                               By Kirby


 



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sabato 30 luglio 2005

Una storia in stile Cyberpunk...


Cervello di cane (prima parte)


 

 



 

 



 

 



Un’auto di color scuro viaggia a velocità moderata e coi fari spenti verso la periferia di Denver City. Si ferma davanti ad un deposito di merci e autocarri.


Approfittando del buio, due individui sgusciano fuori dell’auto e si dirigono verso il muro di cinta del deposito; mentre un terzo rimane in auto.

 



Camminano parallelamente al muro in cerca di qualcosa…

 



Raggiungono un palo della luce. Uno vi si arrampica, agilmente, sopra e taglia alcuni fili che vergono verso il deposito.

 



Il buio cala sulla zona.

 



Con l’aiuto di un impianto cyberottico, l’altro senza problemi scala il muro di cinta.

 



I rumori sospetti mettono in allarme il cane di guardia, situato dall’altra parte del deposito, che inizi a ad abbaiare e correre con fare minaccioso verso gli intrusi.

 



L’uomo sul muro impugna una pistola Colt AM 2000 e prende la mira sul cane; il quattro zampe guardiano si ferma a diversi metri di distanza dal muro.

 



BANG-BANG !

 



La Colt spara alcuni colpi, un decimo di secondo dopo, dal dorso del cane parte un micromissile modello Anti-Armor che esplode con precisione sul petto dell’uomo.

 



L’intruso cade all’indietro con la gabbia toracica squarciata, privo di vita; l’uomo sul palo scende giù e corre via chiedendo aiuto al compagno rimasto in macchina. L’auto scura raggiunge il fuggitivo, lo carica a bordo e fuggono nella buia notte di Denver City .

 



Il deposito è situato nel Rammstein: un vasto campo desertico, in cui sono presenti solo alcuni arbusti, gli animali predominanti sono topi e scarafaggi.

 



Questo campo è spesso il luogo di ritrovo per bande di booster (gang di motociclisti et simili), che si affrontano a suon di catene e bastoni.

 



“Per fortuna, quei bastardi non vengono a darmi noie”, pensava Tony Santagata, il proprietario del deposito, quando dall’alto della sua torretta d’avvistamento guardava i booster scannarsi a vicenda, “Avrei bisogno di un esercito di Krauser per fronteggiare quei drogati assatanati”.

 



Krauser era il cane da guardia del deposito, un animale potenziato con apparecchiature cybernetiche per essere più funzionale nel suo lavoro; in pratica un cyberpet.

 



Di taglia molto grande con il colore del manto bianco e nero, Krauser era un bastardo di sei anni, raccattato da Tony al canile alcuni anni prima, e trasformato in una macchina da guardia. Provvisto di due placche dermali di protezione, una del dorso e l’altra del cranio rendevano il cane insensibile a qualsiasi tentativo di carezza che qualcuno potesse fargli, in modo che nessuno potesse cercare di farci amicizia, cosa che nemmeno a Tony non era passata mai per la testa. Daltronde chi mai vorrebbe accarezzare un cane con il cranio coperto da una placca cranica

 



Oltre alle protezioni era stato dotato di rinforzi interni agli arti per sopportare dei pesi innaturali per un cane. Grazie a tali modifiche, Tony montava di sera al cane un inbrigliatura dotata di un piccolo lanciamissili con due colpi in canna.

 



Un normale cane non può certo essere addestrato ad utilizzare un lanciamissili; a ciò era dovuto il processore di base neurale, gli spinotti d’interfaccia collegati all’arma, un chip di riflessi per utilizzare l’arma.

 



Il momento principale in qui lavorava Krauser era di notte, perciò fu dotato anche di un impianto ottico ad infrarossi per vedere nel buio e di un mirino telescopico per colpire al meglio i potenziali invasori.

 



La possibilità che dei ladri avrebbero potuto avvelenare, spinsero Tony ad installare nel cane anche delle antitossine, che potenziavano la resistenza ai veleni.

 



 Se tanti processori diminuiscono l’umanità sugli umani, per gli animali viene a mancare il livello di natura animale, così il risultato di tutti i congegni rendeva Krauser alla stregua di un automa, con la differenza che si nutriva di cibo normale. Scodinzolare, annusare, guaire erano attività che il cane non praticava ormai da molto tempo.  Resti di normalità era possibile notarli attraverso la sua faccia (una delle poche cose non cybernetiche), il muso nero con alcune macchie bianche e la lingua rosa acceso erano delle isole in mezzo ad un mare di cyberetica… (continua)



                                                      By Kirby

 



 

 



 

 



 

 



 


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mercoledì 27 luglio 2005

Abbasso Magic


Sono arrivato al terzo stadio emotivo nei confronti di Magic (per chi non conoscesse questo gioco, si ritenga fortunato e speri di non incrociarlo mai sulla sua strada).

 



Inizialmente era d’indifferenza, poi si è passati a fastidio e infine si è arrivati ad una situazione d’odio per questo gioco e chiunque ne parli in mia presenza.

 



Dopo un’ennesima serata trascorsa tra alcuni amici e conoscenti che hanno parlato per il 90% del tempo di Magic e dei suoi simili, ho provato un senso di nausea; che ritorna ancora alla mia mente se penso la sera di ieri.

 



Non voglio sprecare tempo a scendere nei dettagli inutili e disgustosi

 



Con questa motivazione, prendo posizione e DICHIARO QUESTO BLOG CONTRO MAGIC ET SUOI SIMILI          Nessun altro spazio sarà dedicato a questo argomento.

 



Qualunque adesione è ben accetta


Qualunque commento per testimonianze a favore è ben accetto


Chiunque farà commenti ironici e/o a sfavore di questa presa di posizione sarà bannato dal fare commenti a questo blog.


 

 



Pensiero del giorno: Posso parlare di qualsiasi argomento, cinema, musica, libri, politica, amore, sesso… ma non di Magic! Perché io preferisco essere nel vagone di un treno con un terrorista che con due giocatori di Magic!



                                                By  Kirby


 


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sabato 23 luglio 2005

Una storia che potrebbe essere tranqullamente essere trasformata in una leggenda metropolitana; a intenditor poche parole...


La baronessa


E’ una calda sera d’estate, il sole è quasi del tutto tramontato, lasciando nel cielo uno spettacolare blu metallico che ben presto sarà rimpiazzato dal nero della notte. Nonostante sia arrivata l’estate, la città è ancora popolata.


In questi periodi di magra, sono ben pochi che possono permettersi una vacanza.


Per fortuna che a far compagnia tutti quelli che rimangono in città, ci sono le zanzare tigre. Aiutando a passare il tempo nelle notti insonni d’estate.


A lavorare più alecremente sono le prostitute, i cui clienti di certo non mancano.


La voglia di sesso è ciò che non può di certo mancare in una città che lavora per tutto il giorno rendendo necessaria la voglia di rilassarsi.


Il bisogno è lo stesso per ogni classe lavorativa, dall’impiegato alle poste al muratore, passando per lo studente universitario e il suo docente, dal netturbino all’imprenditore.


La principale differenza è data dai gusti di ciascun individuo; in particolar modo è quella per le diverse etnie delle prostitute. Non dimentichiamo


La preferenza per un tipo di prostituta piuttosto che un altro (mi riferisco ai trans, effemminati e cosi via…).


In tutto questa voglia di commercio sessuale, c’è anche spazio per i giovani marchettari. Quest’ultimi hanno come clienti principali, uomini omosessuali passivi.


Proprio ad un di questi giovani che erano sul marciapiede ad aspettare i clienti, fu affiancato da un’auto nera coi vetri scuri.


Il finestrino del guidatore si abbassò; il busto di un uomo vestito da autista comparì dall’auto.


-Giovane, sapresti indicarmi la strada per il ristorante “Il leone d’oro”? – domandò l’uomo vestito da autista.


Il ragazzo senza scomporsi rispose: “ arrivi in fondo alla strada e svolti a destra, troverà una piazza; faccia il giro e torni indietro fin qui, poi domandi a qualcun altro che io non ho la più pallida idea di dove sia”.    


L’uomo vestito da autista, senza batter ciglio ringraziò, e andò via.


Passati alcuni minuti l’auto ritornò, tornado a fermarsi davanti al giovane.


Questa volta ad aprirsi fu il finestrino posteriore. Comparve la figura di una donna, in avanti con gli anni. Indossava una pelliccia bruna, capelli tinti di rosso, gote quasi dello stesso colore, palpebre di un turchese scuro, e labbra, vergognosamente, di un rosso acceso.


“ Potresti accompagnarci tu al ristorante, giacché l’autista non ricorda la strada, per favore”. Disse la donna con modi gentili.


Il giovane accettò l’invito, pensando che avrebbe rimediato una cena.


“Come ti chiami?” Domandò la donna sorridendo.


“Jonathan” rispose lui.


“Piacere, sono sala baronessa Maria Guidobaldi Viendalmare


I due iniziarono a parlare delle solite cose che si dicono tra due che si sono appena conosciuti: astronomia, quantistica, genetica, economia, meccanica…


Contemporaneamente, Jonathan, dava delle istruzioni totalmente a caso all’uomo vestito da autista; il quale eseguiva senza fiatare.


Al ragazzo non erano ancora chiare le intenzioni della donna; forse cercava semplicemente qualcuno con cui passare la serata, oppure cercava qualche cosa in più…


Grazie a delle indicazioni totalmente inventate, l’auto arrivò al ristorante “Luigi’s” (famoso e lussuoso ristorante di una città inventata).


Mentre l’uomo vestito da autista attendeva in auto, la baronessa e il marchettaro cenavano nel ristorante.


“Buonasera signori sono Gustavo il vostro cameriere per la serata…”


…….


La cena trascorse senza intoppi, ad eccezione del cuoco che voleva accoltellare un cliente fin troppo esigente, di uno sqilibrato che sosteneva di aver avvelenato la zuppa, e del suicidio di Gustavo per motivi passionali nei confronti di un inserviente.


Arriviamo così alla conclusione (il dolce). Durante la cena la baronessa ha promesso al ragazzo un lauto compenso per la compagnia fattagli e un extra se avesse accettato di seguirla a casa sua.


Jonathan, che di solito tratta una clientela maschile, non può che essere felice e pensare che oggi sia il suo giorno fortunato accetta di buon grado la proposta.


La baronessa aggiunge che se sarà particolarmente bravo, potrà andare con lei in vacanza in Costa Smeralda.


Tutto ciò non fa che aggiungere carne al fuoco per il giovane.


Aristide (il sostituto di Gustavo) consiglia il dolce per la coppia: “ Posso permettermi di consigliarvi un ottimo tiramisù per concludere la cena?”


“prego faccia pure”, rispose la baronessa.


La donna si rivolse, poi, al giovane: “ Inizia a mangiare il dolce che io vado ad incipriarmi il naso”.


  Sebbene avesse mangiato a sazietà, Jonathan mangiò con voracità il dolce. Sicuramente era stato uno dei migliori pranzi che avesse mai fatto, pensava mentre mangiava la leccornia. Il pensiero di poter passare un’estate di questo livello lo portava al settimo cielo. Capitò così che il giovane mentre mangiasse allo stesso tempo iniziasse a sghigniazzare – HA HA HA


Contemporaneamente, la baronessa era uscita, dal ristorante e sgusciata nella sua macchina fece partire in tutta fretta la sua auto.


 

 



In una calda sera d’estate, di una città inventata, dove c’è chi riposa dopo una giornata di lavoro, e chi esce per godersi la notte, anche i nobili decaduti hanno bisogno di svagarsi ogni tanto



                                              By  KIRBY


 


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martedì 12 luglio 2005

Pensiero del giorno: Se conoscete qualcuno che abbandona un cane; fatemi un favore,sputatelo in faccia da parte mia


by Kirby


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martedì 7 giugno 2005

Finalmente ho partorito un piccolo omaggio allo stile surreale di  Achille Campanile (consiglio a chiunque "manuale di conversazione" dopo vedrete il mondo con un occhio diverso).


Piccolo trattatato su di una sedia sfasciata (Prima parte)


 


Crash!


Una sedia si è sfasciata.

 



I lettori più smaliziati vorranno sapere informazioni maggiori sulla notizia.

 



Innanzi tutto il tipo di sedia. Potrebbe essere una sedia usata nell’antichità in pietra o in metallo, oppure una più comunemente usata in legno.

 



Magari presenta delle rifiniture in rilievo, d’oro o d’argento, con fodere di cuscini rossi sul sedile e sullo schienale, in stile Luigi XVI, oppure è fatta di paglia intarsiata e coperta da pelli d’animali appartenenti a qualche tribù indigena. Una sedia sfarzosa appartenente a qualche Papa o imperatore, ovvero una di quelle sedie che si vedono alle lunghe tavole dei castelli con degli schienali altissimi.

 



Teniamo presente che può essere anche una sedia di persone più umili; quindi semplicemente in legno e priva di suppellettili, magari con qualche chiodo che spunta dal sedile, pronto a strappare qualche ignaro pantalone. Potrebbe essere anche una sedia più contemporanea, una semplice sedia da cucina con un cuscinetto sul sedile, o una sedia girevole da ufficio, con rotelle, dotata d’imbottiture allo schienale e il sedile.

 



 Per la loro fragilità e da aggiungere alla lista, la sedia totalmente in plastica sulla quale sconsiglio vivamente di dondolarsi sopra. Difficile, invece pensare che sia una sedia totalmente in ferro battuto, di quelle che si trovano nei giardini. A dirla tutta c’è da considerare anche quelle più particolari e specifiche come quella di un regista di un film, una sedia elettrica, una particolare sedia formata da un singolo pezzo, di cui non ricordo il nome dell’inventore…e dimentichiamo gli sgabelli a tre o quattro piedi che si differenziano dalla sedia per la mancanza dello schienale altrimenti la lista potrebbe continuare.

 



Ciò che mi preme è porre in evidenza unaltra fondamentale questione; cioè il luogo in cui è avvenuto il fatto.

 



Soggiorno, cucina, bagno, stanza da letto; non soffermiamoci a questi luoghi comuni, ma apriamo la nostra mente perché la risposta potrebbe essere altrove. Un terrazzo, un bar, un ristorante, una scuola, un castello; in questo caso già ci sono dei miglioramenti, ma si può far di meglio.

 



In mezzo ad una campagna, sulla cima di una montagna, tra gli alberi di una giungla o nel pieno deserto. Trovate inverosimili questi ultimi luoghi?

 



Vi dimostro il contrario. Assumiamo il più assurdo (secondo il vostro parere) dei luoghi, il deserto; ebbene la sedia sfasciata potrebbe appartenere ad uno sceicco arabo che era accampato con le sue mogli in una gran tenda (visto che avevo ragione?).

 



Ora che abbiamo riflettuto sul tipo di sedia e sul luogo in cui si è sfasciata passiamo ad una cosa fondamentale… (continua)



                                                                By Kirby

 



  

 



 

 



 


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