lunedì 27 maggio 2013

Ingenuità bambina

L'altro giorno vidi la pubblicità di un’associazione che promuoveva le adozioni a distanza di bambini indiani. Bambini poveri e malnutriti, la visione che mi ha sempre accompagnato da quando sono nato.
Alla vista di quella pubblicità, un pensiero gretto e cinico ha attraversato la mia mente. "Perché devono essere gli italiani a pagare il cibo per i bambini indiani?"
Sia chiaro, non sono contro la beneficenza, anzi, ma la mia mente ha percorso una serie di tappe che mi ha portato a questo pensiero.
L'India non è più il paese povero di trenta anni fa. L'India è all'avanguardia di tecnologie. L'India è all'avanguardia di università. L'India è un paese in via di sviluppo che macina crescita economica.
Non c'è bisogno di dirvi quali sono le condizioni attuali del nostro paese. "Sull'orlo del baratro" è una delle ultime definizioni che ho letto in una trasmissione. Eppure sono gli italiani che ricevono la pubblicità sulle adozioni e non il contrario.
Ho memoria della mia infanzia in merito ai bambini del terzo mondo. Gli adulti ne parlavano spesso, soprattutto se facevi i capricci col cibo o altri sprechi. Anche allora c'erano pubblicità per donazioni, fatte di musiche e immagini tristi. Ricordo Madre Teresa di Calcutta vicino ai poveri. Ricordo il bambino africano che ci fece adottare il professore di religione, il cui nome si pronunciava "Cham sou din", ricordo la sua foto e la lettera di ringraziamento scritta dalla madre.
Mi dicevano che il terzo mondo era l'Africa; poi studiando geografia scoprivo che questo continente era pieno di giacimenti preziosi. Nella mia innocenza non potevo capire. Pian piano scoprivo tante cose, dai paesi sottosviluppati a Jovanotti che voleva cancellare il debito fino ad arrivare a oggi.
L'India, un sistema economico in ascesa dove i bambini muoiono di fame. Un economista del paese dice che uno su cento si arricchisce e gli altri rimangono nella povertà.
Non sono una persona che va predicando concetti antichi di comunismo; ma una Stato deve provvedere ai beni primari, e offrirli a quella parte della popolazione povera.
Altrimenti va a cadere il concetto di Stato.
Non sono un economista, ma ho paura che in questi paesi, siano mantenute di proposito le diseguaglianze. E' sempre comodo avere una popolazione povera per una manovalanza a basso costo. Cresce lo Stato, cresce l'economia, qualcuno si arricchisce e un giorno potrà adottare a distanza un bambino italiano.

   
By Kirby



martedì 21 maggio 2013

Scalare le nuvole

Ho quasi terminato il primo anno di un corso di improvvisazione teatrale. Ecco le mie impressioni.


Dedicato a Giorgio e a tutti i miei compagni.

Che cos'è l'improvvisazione teatrale? Come direbbe il Necchi è fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione.
Nelle opere teatrali, il testo è il fulcro. Intorno si costruiscono mondi vecchi e nuovi; agli attori, il compito immergersi e diventare parte di essi. Ore su ore trascorse a puntellare voci; a dipingere movenze e incollare passioni. Per creare il cosmo perfetto.
Se improvvisi invece, non hai la strada, non c'è una meta e non puoi poggiarti su pilastri di parole resistenti ai secoli.
L'improvvisatore scala le nuvole. Con energia prende la rincorsa, una piccola parola gli farà spiccare il salto e il suo compagno sarà lì ad afferrarlo. Ma su una nuvola non può fermarsi, rischia di affondare e cadere sotto; allora deve essere veloce, un altro scatto, per un nuovo balzo nel vuoto. Non deve preoccuparsi, le nuvole sono amiche, possono trasformarsi per e fargli raggiungere punti incredibili; il cui unico limite è l'immaginazione.
Non c'è tempo di guardarsi indietro, si puoi solo prendere un respiro e salire, nuvola dopo nuvola, sempre più in alto, in una folle scalata in cui l'arrivo è quasi superfluo, perché nel percorso è nascosta la bellezza.
In un viaggio in cui le scarpe sono le parole, le corde sono i gesti, e i trampolini sono le emozioni.


 By Kirby



sabato 11 maggio 2013

I colori della vita : Nero


Il nero è il colore che l'uomo ha associato nella sua cultura al negativo. Nera era la notte quando non c'era il fuoco. Di notte siamo stati inermi alle bestie feroci; il pericolo si annida nel buio, quando i nostri sensi sono più deboli e così questo ricordo ancestrale è stato trascinato nella nostra cultura. Il male, la morte, e tutto quello associato al nero diventa negativo. Da bambini ci spaventavano chiamando l'uomo nero. I gatti neri, i pipistrelli e tanti animali notturni sono stati associati a streghe e demoni; e sono considerati portatori di sfortuna. Il movimento dark è nato come costola del movimento punk. Culture di ribellione. L'idea di opporsi con la propria immagine usando il colore proibito. Allo stesso modo, accoglievano il nero i membri di sette e simili. Per l'evoluzione umana, il nero simboleggia la nascita dell'uomo moderno. Nato in Africa, il primo uomo della nostra specie era nero. Adamo nero in termini biblici. Il nero causato dalla melanina. Il nero della selezione naturale. Il nero di una pantera, il nero dell'abisso marino, il nero della lava fredda, Il nero di un tulipano, il nero di un cigno, il nero di un uomo. Se vogliamo usare il nero come colore negativo, posso anche starci al gioco. L'uomo ha bisogno riferimenti per i suoi pensieri, e i colori sono universali. Però non usiamolo per dichiarazioni razziste. L’Italia è sempre stata un passo indietro per l'integrazione multiculturale. Il ministro Kyenge è solo l'ultima vittima dell'ignoranza di persone che guardano la pelle scura di un politico, piuttosto che la moralità nera di altri. (Per approfondimenti sull'evoluzione, c'è questo post  
By Kirby 


 

domenica 5 maggio 2013

Morto sul nascere

All'età di 17-18 anni io e un amico decidemmo di scrivere un fumetto. Fu la prima trama che scrissi. Su un foglio di carta quadrettato, perché all'epoca il pc non era così diffuso Era la storia di un gruppo di amici che andava in Germania recuperare uno del gruppo, scappato in una setta. . Il fumetto è un’opera complessa, non è solo scrivere una storia, occorre decidere i disegni e i dialoghi.
Di quel fumetto nacquero solo alcune strisce di prova. Fu così soprannominato da noi "Morto sul nascere”.
Di progetti ne ho incominciati molto nella mia vita. Non mi riferisco solo all'idea nata tra amici, in cui si parla per qualche ora; ma quelle che muovono i primi passi e nulla più. "Morto sul nascere" diventa un motto profetico a tutte le idee che non vedranno mai la luce.
Un mio amico scrisse un racconto, un elogio alle rivoluzioni di una settimana, che percorreranno meno strada di una lumaca ubriaca.

Anche se ho perso tempo dietro questi progetti, Ho imparato dinamiche e capito persone.

Gli uomini non s’impegnano a dovere nel realizzare le loro idee.
A volte sottovalutano le difficoltà e le affrontano nel modo sbagliato.
In altri casi è la mancanza di organizzazione o del leader che coordina e comanda.
Le strutture circolari in cui tutti possono dire tutto su qualsiasi voce non portano da nessuna parte.
A volte è proprio il leader, la rovina di tutto.
L'arrivo della prima riunione è il giorno fatidico, si traccia l'organizzazione e la divisione dei ruoli, e se sei fortunato, capisci che non si va oltre a quella.
I punti decisi nella prima riunione, sono parole vane. I membri agiscono di testa propria, come se a seguito di una tempesta temporale, quella riunione non fosse mai esistita.
Qualsiasi tentativo di organizzare una seconda riunione fallirà miseramente.
Il membro più entusiasta è il primo a mollare, anzi non ha nemmeno intenzione di fare qualcosa di concreto se non è nominato capo.
I membri non decretano la morte del progetto.
La morte formale avviene quando si determina l'ultima discussione consapevole.
In seguito ci sarà un periodo di abbandono e silenzio (Periodo di latenza). Chiunque dei membri parlerà del progetto dopo questa fase, otterrà risposte di fastidio, imbarazzi, scuse e accuse.
Solo dopo capirai che era "morto sul nascere”.

Ormai mi tengo distante da certe situazioni e spreco minor energie possibili.
Tante volte sono stato deluso, e sono diffidente verso le proposte.
Purtroppo è capitato ancora, ma non o nulla da recriminare.
Ho fatto il possibile è questo conta


By Kirby